Deposito copia cartacea di appello notificato via pec: conseguenze

Con l’ordinanza n. 26725/2025, pubblicata il 4 ottobre 2025, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulle conseguenze derivanti dalla costituzione dell'appellante mediante il deposito di copia cartacea dell’atto di appello notificato a mezzo pec e non mediante il deposito telematico dell’originale.

Mercoledi 15 Ottobre 2025

IL CASO: La vicenda esaminata trae origine da una sentenza con la quale il Tribunale aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti di un fallimento di un fondo patrimoniale gravante su un immobile di proprietà di due coniugi.

Avverso la suddetta sentenza, questi ultimi proponevano appello, che veniva dichiarato improcedibile dalla Corte territoriale adita.

A fondamento della decisione i giudici di secondo grado:

  1. rilevavano l'omesso deposito telematico da parte degli appellanti delle ricevute di accettazione e di consegna della notifica dell'atto di appello che era stata eseguita a mezzo PEC e la mancata sanatoria di tale vizio entro la prima udienza;

  2. ritenevano inammissibile la produzione di copie cartacee di tali ricevute e inapplicabile il principio di sanatoria elaborato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., n. 22438/2018), in quanto destinato ad operare in contesti non ancora governati dal processo civile telematico.

Pertanto, gli appellanti investivano della questione la Corte di Cassazione deducendo con il primo motivo del ricorso la violazione dell'art. 348 c.p.c. e la conseguente nullità della sentenza.

I ricorrenti:

  1. evidenziavano che l'eventuale vizio formale derivante dall'omesso deposito delle ricevute in formato telematico era stato sanato dalla regolare costituzione in giudizio del fallimento appellato, configurandosi, quindi, il raggiungimento dello scopo dell'atto;

  2. deducevano la violazione del diritto di difesa a causa della celebrazione da remoto della prima udienza, che avrebbe compresso la possibilità di sanare le irregolarità.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale, nel rinviare la causa alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione, ha ribadito i principi affermati in altri arresti giurisprudenziali circa le formalità della costituzione in appello e le conseguenze della loro violazione.

Gli Ermellini hanno richiamato il principio della strumentalità delle forme, secondo il quale le norme processuali non sono un fine, ma un mezzo per garantire l'effettività del diritto di azione e di difesa, tutelato a livello costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.) e sovranazionale (art. 6 CEDU, art. 47 Carta UE). Una interpretazione eccessivamente formalistica, che sacrifica il diritto a una decisione di merito per una mera irregolarità formale, si pone in contrasto con tale principio.

L’unica ipotesi di improcedibilità del gravame (art. 348 c.p.c.) è la mancata o tardiva costituzione dell'appellante entro il termine perentorio previsto dall'art. 347 c.p.c.. Si tratta di una sanzione automatica e non sanabile che il giudice deve rilevare d'ufficio, indipendentemente dal comportamento della parte appellata.

La violazione delle modalità formali prescritte per la costituzione, come il deposito di copie cartacee anziché dei file telematici originali, non integra un'ipotesi di improcedibilità, in quanto non si configura l’inesistenza della notificazione, bensì di nullità processuale per vizio di forma, in quanto tale vizio è suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c., qualora l'atto abbia raggiunto il suo scopo.

La Corte, in linea con un orientamento ormai granitico, afferma che la tempestiva costituzione dell'appellante, con il deposito di copia cartacea dell'atto di appello notificato a mezzo PEC, anziché mediante deposito telematico dell'originale, non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, primo comma, cod. proc. civ., ma integra una nullità per vizio di forma, come tale sanabile con il raggiungimento dello scopo dell'atto.

La costituzione in giudizio della parte appellata, senza sollevare specifiche eccezioni sulla regolarità della notifica o della costituzione dell'appellante, costituisce la prova inequivocabile del raggiungimento dello scopo. L'appellato, avendo ricevuto la notifica, è in possesso dell'atto originale telematico e si trova nella condizione di verificare la conformità della copia cartacea depositata dall'appellante. La sua mancata contestazione equivale a un comportamento concludente che sana il vizio formale.

Nel caso di specie, hanno concluso, la Corte di Appello ha dato atto dell'avvenuta costituzione del fallimento, omettendo, erroneamente, di applicare il principio della sanatoria delle nullità processuali, incorrendo così nella violazione di legge censurata.

Allegato:

Pagina generata in 0.005 secondi