Tizio invoca la tutela d’urgenza onde ripristinare il diritto di visita, frequentazione e prelievo del cane Pongo (nome di fantasia) come previsto dalla sentenza di separazione intervenuta dalla di lui moglie Caia. Moglie che, nelle more della separazione e quale intestataria del cane, lo cede alla di lei madre.
Lunedi 30 Giugno 2025 |
Trattandosi di acquisto effettuato dai coniugi in regime di comunione, il cane -a detta di Tizio- doveva ritenersi ricadente nella comunione legale.
Il Tribunale pur compiendo una importante e preliminare premessa affermando la crescente sensibilità sociale sviluppatasi nei riguardi degli animali di affezione, precisa che il cane – che pure è un essere senziente – deve essere considerato una “cosa mobile” per il fine della vicenda processuale che è quello di accertare in via sommaria l’esistenza di un diritto di visita di Tizio.
Dunque, si legge nella sentenza, occorre accertare la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora nella consapevolezza che nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento degli animali domestici ed il diritto di visita rispetto ad essi, in caso di separazione o divorzio dei coniugi o dei conviventi.
Sappiamo che nella ipotesi di separazione consensuale la giurisprudenza si rifugia nella consuetudine che prevede come solo l’accordo dei coniugi può definirne la sorte dell’animale d’affezione ma in sua mancanza non spetta al giudice decidere sull’assegnazione, ovvero sul diritto di visita.
Su tale presupposto fa notare il Tribunale come la sentenza di separazione abbia recepito l’accordo dei coniugi sulla visita dell’animale d’affezione. Ma, ed è questo il passaggio insidioso, la mancata ottemperanza di Caia costituisce al più inadempimento ad un pregresso accordo non potendo trovare la tutela domandata da Tizio (il ripristino in via urgente del diritto di visita dell’animale d’affezione, tutela che attualmente non trova cittadinanza nell’ordinamento giuridico).
Ma vi è di più. Il Tribunale, in un periodo nel quale si rivendica una rivoluzione culturale e giuridica in favore dei non umani, scrive che nel nostro ordinamento giuridico, non albergando il diritto soggettivo invocato da Tizio, se ne dovrebbe convenire, prima dell’affermazione dell’insussistenza del fumus boni iuris, una pronuncia di inammissibilità della domanda per insussistenza di una delle condizioni dell’azione, ossia la cd. possibilità giuridica.
Una argomentazione che pur sicuramente discutibile viene assorbita dalla considerazione che il cane conteso risultava ceduto da Caia alla di lei madre. Circostanza che farebbe venire meno una condanna nei confronti di Caia al ripristino dell’asserito diritto di visita di Tizio da lei personalmente leso atteso che la stessa Caia non risultava più proprietaria della res.
Lo sbarramento all’istanza di Tizio viene colta anche in punto di periculum in mora avendo quello solo genericamente allegato l’esistenza di stress e ansia, equiparabili al lutto, derivanti dalla privazione del rapporto con il cane. E’ tanto viene ritenuto -correttamente- assolutamente insufficiente a fondare l’esistenza di un pregiudizio che potesse considerarsi imminente e irreparabile se non attuando la via d’urgenza.
Il rigetto del ricorso di Tizio apre, credo, una vivace discussione sul ritardo della normativa nostrana in tema di animali e rapporto con gli umani.