Sinistri stradali: la Cassazione chiarisce il parametro di liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante

Con l'ordinanza n. 28071 del 9 dicembre 2020 la Corte di Cassazione chiarisce quale debba essere il parametro di liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante conseguente alla perdita del lavoro a tempo indeterminato da parte del danneggiato in un sinistro stradale.

Venerdi 11 Dicembre 2020

Il caso: L.R. agiva in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto alla guida della sua bicicletta, nei confronti di E.Z. (conducente del veicolo che lo aveva investito), di A.B. (proprietario di detto veicolo) e della Società Assicurazione S.c.r.l. (assicuratrice della responsabilità civile del B).

L'attore, come evidenziato in atti, aveva perso il suo impiego a tempo indeterminato in conseguenza del danno subito a causa dell'incidente, in quanto, a causa dei relativi postumi, aveva superato il periodo di comporto ed era stato licenziato, senza che fosse riuscito a reperire un'altra occupazione.

Il Tribunale in primo grado liquidava in favore dell'attore l'importo di € 272.245,17, in aggiunta agli acconti già corrisposti dalla compagnia prima della decisione, oltre accessori; la Corte di Appello in parziale riforma della decisione di primo grado, condannava i convenuti a pagare gli ulteriori importi di € 50.312,80, a titolo di danno non patrimoniale, e di € 29.895,83, a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante, oltre accessori.

L.R. ricorre in Cassazione, deducendo in particolare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2043 e 2056 c.c.; per il ricorrente la corte distrettuale ha errato nel liquidare in suo favore il danno patrimoniale: dopo aver calcolato l'importo delle retribuzioni e degli altri emolumenti perduti a causa del licenziamento, i giudici di merito non glielo hanno riconosciuto integralmente, ma solo nella misura di un terzo, cioè nella misura pari alla menomazione della sua capacità lavorativa accertata dal consulente tecnico di ufficio.

Per la Suprema Corte la doglianza è fondata e il ricorso deve essere accolto, per i seguenti motivi:

a) il danno patrimoniale relativo alla "perdita reddituale" del ricorrente avrebbe dovuto essere liquidato sulla base dell'importo (eventualmente capitalizzato) delle retribuzioni che avrebbe conseguito in virtù del suo preesistente rapporto di lavoro, se non fosse stato licenziato a causa delle lesioni riportate nel sinistro, fino alla data della pensione, oltre che degli assegni familiari, della perduta possibilità di progressione in carriera e del danno pensionistico;

b) secondo un orientamento accreditato, la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima;

c) con la decisione impugnata la Corte distrettuale ha violato l'art. 1223 c.c., non essendo stato riconosciuto al danneggiato l'intero pregiudizio subito in concreto, pregiudizio che, nella specie, consiste nella perdita dei redditi (in parte futuri) derivanti dal rapporto di lavoro dipendente di cui era titolare, venuto meno in conseguenza del fatto illecito del convenuto;

Viene quindi enunciato il seguente principio di diritto: «Laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione».

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