Con l'ordinanza n. 18541 del 13 luglio 2018 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla prova del danno non patrimoniale patito dai congiunti di persona divenuta invalida in seguito ad un intervento sanitario errato.
Venerdi 20 Luglio 2018 |
Il caso: T. e C. nella loro qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore E, convenivano in giudizio l'Azienda USL RM, assumendo che la figlia, a causa di notevoli errori compiuti dai sanitari della struttura durante il parto, aveva riportato gravi lesioni e chiedevano quindi la condanna dell'Asl al risarcimento dei danni per i disagi e le sofferenze patite.
Il tribunale, aderendo alla prospettazione dell'Azienda sanitaria, rigettava le domande escludendo la colpa medica; la Corte di Appello, pronunciando sul gravame degli attori, lo accoglieva limitatamente alle domande risarcitorie spiegate in nome e per conto della figlia, disattendendo, invece, la pretesa afferente ai danni indicati come riflessi.
Per il giudici di secondo grado il danno da «radicale e inevitabile sconvolgimento delle abitudini di vita dei congiunti», genericamente allegato, non era stato comunque dimostrato, non potendo presumersi dalla sola determinazione del danno biologico, tradotta in centoventi giorni di inabilità temporanea assoluta, «durante i quali, nella fase di ricovero non ospedaliero, comunque la neonata avrebbe avuto bisogno di assistenza», e nel 25 per cento di danno permanente.
Avverso questa decisione ricorrono per cassazione T. e C., lamentando che erroenamente la Corte distrettuale aveva escluso il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto in proprio dai genitori della vittima di “malpractice”medica: i giudici non avevano considerato le ripercussioni negative arrecate alle loro vite, con particolare riferimento ai profili sociali e di vita di relazione, in aperto contrasto con la giurisprudenza di legittimità consolidata.
Per la Cassazione la doglianza è fondata e sul punto osserva:
per consolidata giurisprudenza, la prova del danno non patrimoniale, patito dai prossimi congiunti di persona resa invalida dall'altrui illecito, può essere desunta presuntivamente anche soltanto dalla gravità delle lesioni;
nel caso di specie i ricorrenti hanno allegato sin dall'atto di citazione le richieste di prova orale poi ammesse ed esperite, con le quali è stata ulteriormente supportata la concreta alterazione della vita relazionale conseguente all'illecito de quo;
il giudice del rinvio, nel procedere all'accertamento e alla conseguente quantificazione del danno risarcibile (alla luce del recente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 c.d.a. come modificati dall'art. 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124 il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico relazionale causato dalle lesioni da quello morale) dovrà congiuntamente, ma al contempo distintamente, valutare tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, "sub" specie del dolore) quanto quello dinamico-relazione (destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto);
la liquidazione unitaria di tale danno avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subìto, tanto sotto l'aspetto della sofferenza, quanto sotto quello dell'alterazione ovvero modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma.
Esito: Cassa con rinvio