Procura alle liti conferita da una società con firma illeggibile: conseguenze

Con l’ordinanza n. 6426/2021, pubblicata il 9 marzo 2021, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla validità o meno della procura alle liti conferita da una società al difensore con firma illeggibile da parte del soggetto mandante.

Martedi 16 Marzo 2021

IL CASO: La vicenda esaminata nasce dal ricorso promosso da una società contribuente avverso un avviso di accertamento fiscale notificatole dall’Agenzia delle Entrate, che veniva dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Provinciale. Di contrario avviso la Commissione Tributaria Regionale che accoglieva parzialmente il ricorso.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva rilevato l'illeggibilità della sottoscrizione presente sul mandato conferito al legale e la mancata indicazione del nome e della qualità del mandante.

Sul punto, invece, la Commissione Tributaria Regionale aveva evidenziato che il mandato relativo al ricorso originario era stato sottoscritto da un soggetto qualificatosi quale amministratore unico della società contribuente, anche se quest'ultima era stata posta in liquidazione prima della notifica dell'atto impositivo e non dal liquidatore della società e che il suddetto errore, così come l'illeggibilità della sottoscrizione posta in calce alla procura non era rilevante, in quanto da un lato la sottoscrizione era riconducibile al soggetto che aveva svolto in precedenza la funzione di amministratore unico della società, prima della sottoposizione di questa alla procedura della liquidazione e dall'altro il medesimo sottoscrittore aveva, poi, assunto la qualità di liquidatore.

La questione veniva, pertanto, sottoposta all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso interposto dall’Agenzia delle Entrate, la quale deduceva, fra l’altro, la violazione dell'art. 83 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto ammissibile il ricorso originario proposto dalla contribuente, senza che agli atti del fascicolo processuale ci fosse la prova dell’esistenza del conferimento di una procura alle liti al difensore e la prova di elementi da cui desumere l'identità del soggetto che avrebbe rilasciato tale atto e la sua qualità.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato rigettato dai giudici della Corte di Cassazione i quali hanno ribadito, come affermato dai giudici di appello, il principio secondo cui “l'illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell'atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d'autografia resa dal difensore ovvero dal testo di quell'atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall'indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese”.(Cass., S.U., 7 marzo 2005, n. 4814).

Inoltre, hanno evidenziato, gli Ermellini, al processo tributario si applica quanto previsto dall'art. 182 c.p.c., anche in presenza della norma speciale di cui all'art. 18, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, “per cui il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisca in rappresentanza organica di un altro soggetto può essere sanato, in ogni stato e grado del giudizio (e, dunque, anche in appello), con efficacia retroattiva, rispetto agli atti processuali già compiuti, a seguito della costituzione in causa del soggetto dotato dell'effettiva rappresentanza, che manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la condotta difensiva del falsus procurator”.(cfr. Cass., ord., 4 luglio 2019, n. 17986; Cass., ord., 17 febbraio 2016, n. 3084).

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