Avvocati: distinzione tra procura alle liti e contratto di patrocinio ai fini del compenso

A cura della Redazione.

La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 28204/2023 si pronuncia in merito al diritto dell'avvocato di percepire il compenso per l'attività svolta nell'interesse di un cliente anche nel caso in cui sia nulla la procura alle liti.

Martedi 30 Gennaio 2024

Il caso: Tizio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Perugia gli aveva ingiunto, accogliendo il ricorso dell’avv. Caio, il pagamento di Euro 8.575,35 a titolo di compenso per l’attività professionale svolta in giudizio di separazione personale dei coniugi avanti al Tribunale di Perugia e di Euro 1.602,90 a titolo di compenso per parere stragiudiziale.

Tizio eccepiva in particolare la nullità della procura alle liti rilasciata all’avvocato in quanto non redatta a margine o in calce ad atto processuale e la conseguente invalidità dell’attività giudiziale.

Il Tribunale:

- accoglieva il motivo di opposizione con cui l’opponente aveva fatto valere la nullità della procura alle liti rilasciata per la rappresentanza nel giudizio di separazione personale dei coniugi:

- dichiarava che, per l’attività professionale svolta nell’ambito del processo, si richiedeva l’accertamento della validità del conferimento della procura, quale presupposto per il riconoscimento del compenso;

- rilevava che la procura alle liti era nulla, in quanto la procura alle liti poteva essere conferita con scrittura privata autenticata dal difensore quando era apposta in calce o a margine degli atti indicati dall’art. 83 co. 3 cod. proc. civ. e negli altri casi era necessario che l’autografia della firma fosse attestata da pubblico ufficiale;

- rilevava pertanto che dalla nullità della procura discendeva la mancanza del rapporto professionale tra patrono e cliente e quindi l’insussistenza del titolo della pretesa fatta valere dal legale.

L'avv. Caio ricorre in Cassazione, deducendo che:

a) la procura alle liti è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale, che va interpretato secondo i criteri stabiliti per gli atti di parte; pertanto il rilievo formale dell’assenza di congiunzione materiale della procura a un atto processuale è da equiparare a una sorta di errore materiale;

b) in ogni caso, anche a ritenere la nullità della procura alle liti, sussiste il diritto dell’avvocato a ottenere il compenso per l’attività svolta, in quanto il contratto di patrocinio è riconducibile alla categoria del mandato e attiene agli aspetti sostanziali del rapporto tra cliente e avvocato, mentre la procura alle liti riguarda gli aspetti processuali legati alla designazione del difensore.

La Suprema Corte, nell'aderire alle tesi difensive del ricorrente, evidenzia quanto segue:

- in tema di attività professionale svolta da avvocati, è acquisito il principio dell’autonomia concettuale e giuridica tra procura alle liti e contratto di mandato, in quanto la procura alle liti è negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio e il mandato sostanziale costituisce il negozio bilaterale (cd. contratto di patrocinio) con il quale il legale viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte;

- ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio della procura alle liti, essendo questa richiesta solo per lo svolgimento dell’attività processuale;

- il diritto al compenso nasce dal conferimento e dall’espletamento dell’incarico e la ritualità della procura non ha rilievo: nel caso in esame, infatti, in forza di quella procura il difensore incaricato ha potuto svolgere l’attività difensiva nel processo al quale si riferiva l’incarico, senza che il vizio della procura - non rilevato né dal giudice né dalle parti- abbia inciso in alcun modo sullo svolgimento dell’attività difensiva in giudizio;

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