Per contestare il rilascio del mandato alle liti è necessaria la querela di falso

Con l’ordinanza n. 3653/2025, pubblicata il 13 febbraio scorso, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sul rimedio esperibile da parte del cliente dell’avvocato per contestare il conferimento a quest’ultimo del mandato alle liti.

Martedi 18 Febbraio 2025

I Giudici di legittimità hanno ribadito la necessità della querela di falso, non essendo sufficiente il disconoscimento della sottoscrizione in quanto il legale, nel momento in cui procede all’autentica della firma apposta sulla procura alle liti, riveste la qualifica di pubblico ufficiale.

IL CASO: La vicenda esaminata origina dall’azione promossa da un avvocato il quale agiva in giudizio al fine di ottenere da un suo cliente il pagamento dei compensi maturati a seguito dell’attività professionale svolta in favore di quest’ultimo nell’ambito di un ricorso ex lege n.89/2001 (c.d. Legge Pinto), promosso innanzi alla Corte di Appello.

Il legale evidenziava che il mandato inizialmente ricevuto era stato revocato dal cliente prima che egli riuscisse ad ottenere un risultato positivo.

Il cliente – convenuto, nel difendersi, eccepiva la sua carenza di legittimazione passiva, deducendo di non aver conferito al legale nessun mandato e che, pertanto, lo stesso non poteva essere neanche revocato. Disconosceva, quindi, la sottoscrizione apposta sulla procura alle liti che era stata prodotta dal legale.

Il giudizio di merito si concludeva con l’accoglimento dell’eccezione del cliente e il conseguente rigetto della domanda del legale.

Nel decidere, i giudici della Corte territoriale rilevavano che dagli atti prodotti nel giudizio, oltre alla procura alle liti non vi era alcun elemento neppure indiziario che potesse consentire di ritenere la sussistenza di un contratto di mandato tra le parti, né vi era la conferma della revoca del mandato dedotta dal legale, ma risultava che il procedimento era stato dichiarato estinto per inattività da parte di quest’ultimo e che, a fronte del disconoscimento della sottoscrizione apposta in calce alla procura alle liti, il legale non aveva formulato istanza per la verificazione, con conseguente rinuncia ad avvalersi del documento.

Pertanto, il legale, rimasto soccombente, investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo con il primo motivo del gravame la violazione o la falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli artt.83, 115, 116, 214, 215, 216, 221 c.p.c. e art.2697 c.c, per non avere la Corte di Appello tenuto conto che il disconoscimento della sottoscrizione della procura da parte del cliente era irrilevante in quanto la stessa doveva essere contestata solo con la proposizione della querela di falso e, quindi, la mancanza dell’istanza di verificazione era ininfluente.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dai giudici della Suprema Corte i quali, nell’accoglierlo con rinvio della causa alla Corte di Appello di provenienza, hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui “la certificazione dell'autografia della sottoscrizione della procura alle liti effettuata dal difensore ex art. 83 c.p.c. può essere contestata soltanto con la querela di falso, poiché la dichiarazione della parte con la quale questa assume su di sé gli effetti degli atti processuali che il difensore è destinato a compiere, pur trovando fondamento in un negozio di diritto privato (mandato), è tuttavia destinata ad esplicare i propri effetti nell'ambito del processo, con la conseguenza che il difensore, con la sottoscrizione dell'atto processuale e con l'autentica della procura, compiendo un negozio di diritto pubblico, riveste la qualità di pubblico ufficiale”.

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