Con l’ordinanza 29306, pubblicata il 7 ottobre 2022, la Corte di Cassazione si è di nuovo pronunciata su come e quando è possibile, nell’ambito di un giudizio civile, formulare contestazioni e rilievi alla consulenza tecnica d’ufficio per la prima volta con la comparsa conclusionale.
Mercoledi 12 Ottobre 2022 |
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici di legittimità riguarda una sentenza con la quale la Corte di Appello aveva rigettato il gravame proposto dall’originario attore avverso la sentenza emessa dal Tribunale che a sua volta aveva respinto la domanda promossa dall’attore nei confronti del suo datore di lavoro tesa all’accertamento della malattia professionale e ad ottenere il risarcimento dei danni nei confronti di quest’ultimo.
Nel corso del giudizio di appello, la Corte territoriale aveva disposto una nuova consulenza tecnica d’ufficio medico legale, accogliendone le conclusioni. Con le note di trattazione scritta, depositate dopo l’espletamento della perizia, l’appellante formulava delle censure alla stessa che non venivano esaminate dai giudici di appello in quanto ritenute irrituali, tardivamente proposte e non rispettose del requisito di brevità, configurandosi come note conclusionali non autorizzate in violazione del diritto di difesa e del principio del contradditorio.
Pertanto, l’originario attore investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo fra i vari motivi la nullità della sentenza per aver i giudici di appello omesso di esaminare le censure alla perizia, evidenziando che le osservazioni alla consulenza tecnica d’ufficio erano state formulate, non in sede di comparsa conclusionale, ma alla prima udienza successiva al deposito della relazione, quando era ancora possibile per i giudici di appello riconvocare il consulente o disporre un supplemento delle indagini peritali e che, in ogni caso, era stato rispettato il principio del contraddittorio in quanto le note di trattazione erano state trasmesse con largo anticipo rispetto all'udienza e via p.e.c. al procuratore della società appellata, che a sua volta aveva depositato note di trattazione scritta sulla infondatezza del gravame e sulla correttezza dell'elaborato peritale.
LA DECISIONE: I Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondato il motivo del ricorso e lo hanno accolto con rinvio alla Corte di appello di provenienza, in diversa composizione, richiamando il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5624 del 2022, secondo il quale “Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano all'attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del giudice in relazione a tale mezzo istruttorio.
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il secondo termine previsto dall'ultimo comma dell'art. 195, c.p.c., così come modificato dalla l. n. 69 del 2009, ovvero l'analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti, ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell'ausiliare; pertanto, la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt.156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in comparsa conclusionale o in appello”.
Con la riforma del 2009, hanno concluso gli Ermellini, il legislatore ha procedimentalizzato, assoggettandola a precisi termini, la sola facoltà delle parti di interloquire con il perito, così da incidere già direttamente sul contenuto della consulenza e non, tout court, la possibilità di svolgere qualunque deduzione o osservazione nel corso del giudizio.