La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 217 del 4 gennaio 2024 fa chiarezza in merito al diritto del legale di vedersi riconosciuto il rimborso delle spese generali anche senza la prova dei relativi esborsi
Lunedi 15 Gennaio 2024 |
Il caso: l'Avv. Mevia, difensore di un imputato innanzi alla settima sezione penale della Corte di Cassazione, definita con pronuncia di inammissibilità del ricorso, proponeva opposizione ex artt. 84 e 115 d.P.R. n. 115 del 2002 avverso il decreto col quale la Seconda Sezione penale della Corte d'Appello di Napoli aveva rigettato la propria istanza di liquidazione del compenso maturato per l'attività difensiva d'ufficio svolta davanti alla Suprema Corte in applicazione dell’art. 106 dal predetto d.P.R.
La Corte d'Appello accoglieva l'opposizione e liquidava, in favore del predetto difensore, la somma di € 550,00, oltre Iva e c.p.a. per l'attività di difesa d'ufficio penale e le relative spese sostenute, ma escludeva il rimborso delle spese generali ai sensi dell’art. 2, D.M. n. 55 del 2014.
L'Avv. Mevia ricorre in Cassazione, censurando l’illegittimità dell’ordinanza impugnata con riguardo all'esclusione del rimborso delle spese generali, evidenziando che:
a) tali somme devono essere riconosciute anche senza la prova degli esborsi in misura predeterminata dalla legge e automaticamente spettante al professionista anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, siccome implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente;
b) peraltro, l'assenza di specifiche argomentazioni sul punto determinava la nullità per assoluta mancanza di motivazione del provvedimento.
La Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso inammsisibile per carenza di interesse concreto della ricorrente, ribadisce i seguenti principi:
- il rimborso delle spese forfetarie costituisce una voce accessoria che va necessariamente riconosciuta, al pari del rimborso dell'imposta sul valore aggiunto e della quota di contribuzione previdenziale che per legge è a carico del cliente del professionista;
- nel caso in cui il provvedimento giudiziale non contenga alcuna statuizione in merito alla spettanza, o anche solo alla percentuale, delle spese forfettarie rimborsabili ex art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, queste ultime devono ritenersi riconosciute nella misura del quindici per cento del compenso totale, quale massimo di regola spettante;
- pertanto, detto provvedimento costituisce titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella predetta misura, potendo questa essere soltanto motivatamente diminuita dal giudice: la norma ha inteso individuare un criterio determinativo - del massimo aumento applicabile, ovvero dell'importo "normale" delle spese forfettarie da riconoscere all'avvocato - che, non necessitando di specifica motivazione, è prestabilito ed automaticamente applicabile.