Il dovere di lealtà e probità nel giudizio ex art. 88 cpc: ambito di applicazione e limiti

Nell'ordinanza n. 25677 del 04/09/2023 la Corte di Cassazione affronta la questione del contenuto e dei limiti del dovere di lealtà processuale che onera le parti in causa anche ai fini della compensazione delle spese processuali.

Mercoledi 13 Settembre 2023

Il caso: Tizio, Mevia e Lucilla, anche quali eredi di Porzia, convenivano dinanzi al Tribunale di Perugia Cornelia per la demolizione di opere costruite in violazione delle distanze legali: in primo grado si vedevano accogliere le domande di demolizione e di risarcimento di € 5.000, mentre in secondo grado veniva dichiarata la nullità del giudizio di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di Caio, con la conseguente rimessione della causa al giudice di primo grado; la convenuta veniva condannata alle spese del giudizio di primo grado (€ 6.000 per compensi, oltre a € 348 per spese), mentre le spese del giudizio di secondo grado venvano compensate integralmente.

Per la Corte d'appello la condanna alle spese di primo grado della convenuta era giustificata dal fatto che alla stessa era imputabile la violazione del dovere di lealtà processuale ex art. 88 c.p.c. in quanto:

- non aveva indicato agli attori la persona di Caio come litisconsorte necessario nell’azione da essi promossa;

- infatti, la convenuta, nel richiedere il permesso di costruire, aveva dichiarato di agire non solo in proprio ma anche quale procuratrice di Caio; pertanto costei ben sapeva che costui avrebbe dovuto essere chiamato in causa quale litisconsorte necessario;

- poiché la nullità del giudizio di primo grado era derivata dunque dalla violazione di tale dovere da parte della convenuta, in conformità a quanto prescritto dall'art. 92 c.p.c., le spese del giudizio di primo grado dovevano essere poste a suo carico.

Cornelia ricorre in Cassazione, censurando il ragionamento seguito dalla Corte distrettuale; la Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, osserva quanto segue:

a) la violazione del dovere di lealtà e probità ex art. 88 c.p.c. giustifica ex art. 92 co. 1 c.p.c. la condanna della parte che se n’è resa autrice al rimborso delle spese che l'altra parte ha dovuto sostenere a causa di tale condotta illecita, indipendentemente dalla soccombenza;

b) pertanto, non viola il principio della soccombenza il giudice che pone a carico della parte vittoriosa le spese di lite, ove accerti - con apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato - che esse sono state causate dalla violazione dell’art. 88 c.p.c. ad opera della parte vincitrice;

c) nel caso di specie, però, la Corte di appello non ha motivato congruamente, poiché ha esteso indebitamente l’ambito di applicazione del dovere di lealtà processuale, esigendo che la parte per rispettarlo debba spingersi sino a sopperire ai difetti delle iniziative processuali della controparte, a detrimento della tutela dei propri interessi: infatti, è l’attore che ha l’onere di individuare i soggetti legittimati passivamente, instaurando così correttamente il contraddittorio, tanto più che – come nel caso di specie - l’atto su cui si fondava l’eccezione di difetto di integrità del contraddittorio (cioè, il permesso di costruire) era stato depositato sin dalla costituzione nel giudizio di primo grado e quindi l’attore ben avrebbe dovuto rendersi conto del problema (ed anche il giudice ben avrebbe potuto rilevare d’ufficio la questione).

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