Diritto alla provvigione e facoltà di recesso delle parti.

A cura della Redazione.

Nella sentenza n. 19565/2020 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del diritto alla provvigione del mediatore nell'ipotesi in cui esso sia inserito in una clausola del contratto attivabile anche a prescindere dall'attività svolta e dai risultati conseguiti dal mediatore.

Giovedi 8 Ottobre 2020

Il caso: Tizio e Caia affidavano alla agenzia immobiliare Delta s.r.l. l'incarico di alienare un immobile di loro proprieta', prevedendo all'articolo 4, comma 3 del contratto il diritto di ciascuna parte di recedere anticipatamente dall'accordo, previa corresponsione, in favore dell'altra, di un corrispettivo pari all'1% del prezzo di vendita dell'immobile, stimato in complessivi Euro 410.000,00.

Successivamente Tizio e Caia recedevano dal contratto, ritenendo che la stima del prezzo di vendita fosse incongruo ed inferiore di circa Euro 30.000.00 rispetto a quello effettuato da altre due agenzie immobiliari; su istanza dell'agenzia immobiliare, il Giudice di Pace ingiungeva a Tizio e Caia il pagamento in favore dell'agenzia dell'importo pari ad Euro 4.100,00, oltre interessi e spese, a titolo di penale per l'anticipato recesso dal contratto di mediazione.

Tizio e Caia proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, deducendo, in primis, il carattere vessatorio della clausola di cui all'articolo 4, comma 3, del mandato di mediazione immobiliare: il GdP accoglieva l'opposizione e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto, dichiarando nullo ed inefficace il contratto stipulato tra le parti e rilevando, in ogni caso, la legittimita' del recesso esercitato dagli opponenti.

Il Tribunale, in sede di appello, riformava la sentenza di primo grado sulla base dei seguenti motivi:

- in applicazione della disciplina di cui agli articoli 1469 bis e ss. relativa ai contratti del consumatore, non riconosceva natura vessatoria alla clausola di cui all'articolo 4, comma 3 del contratto di mediazione;

- la previsione negoziale censurata poneva le parti su di un piano di assoluta parita', riconoscendo alle stesse la facolta' di recedere dal contratto previa corresponsione del medesimo importo;

- la stessa quantificazione del corrispettivo dovuto non era indice del carattere vessatorio della clausola negoziale, essendo lo stesso di ammontare inferiore di un terzo rispetto all'importo previsto a titolo di compenso provvigionale.

Gli opponenti ricorrono in Cassazione, che nell'accogliere il ricorso, osserva quanto segue:

a) l'accertamento sulla vessatorieta' della clausola costituisce un dovere officioso del giudice, tenuto a rilevare, anche d'ufficio, la nullita' di una clausola che, nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, determina, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto;

b) il giudice di merito ha reputato non squilibrata in favore del professionista la clausola citata sia perche' l'indennita' dell'1% per il diritto di recesso era stabilita anche a carico dell'agenzia sia perche' oggetto di trattativa tra le parti;

c) il giudice di merito però non ha tenuto conto che il compenso andava parametrato all'attivita' concretamente svolta dal mediatore, che, in relazione al breve lasso temporale intercorrente tra la conclusione del contratto e l'esercizio del diritto di recesso, meritava di attenta valutazione da parte del giudice di merito;

d) la clausola contrattuale che riconosce il diritto al compenso in via automatica, se svincolata dall'effettivo svolgimento dell'attivita' di ricerca dei terzi interessati all'affare e delle attivita' ad esse propedeutiche, conduce al risultato di costituire, a favore dell'agente immobiliare una rendita di posizione, andando ad incidere negativamente sull'equilibrio contrattuale nel rapporto tra professionista e consumatore espressamente previsto dall'articolo 33 del Codice del Consumo;

e) la corte di merito ha omesso di valutare il profilo di vessatorieta' della clausola contrattuale anche con riferimento all'articolo 33, lettera e) del Codice del Consumo, che stabilisce la presunzione di vessatorieta' della clausola che consente al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se e' quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere.

La Corte enuncia quindi il seguente principio di diritto: “La clausola che attribuisca al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso da parte del venditore puo' presumersi vessatoria quando il compenso non trova giustificazione nella prestazione svolta dal mediatore. E' compito del giudice di merito valutare se una qualche attivita' sia stata svolta dal mediatore attraverso le attivita' propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all'acquisto del bene".

"Si presume vessatoria la clausola che consente al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se e' quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere".

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