Al contribuente che dopo aver ricevuto la notifica di una cartella esattoriale abbia eseguito il pagamento della somma in essa contenuta o abbia concordato con il fisco un piano rateale non è preclusa la possibilità di procedere all’impugnazione della cartella.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20962/2020, pubblicata il 1 ottobre 2020.
Giovedi 8 Ottobre 2020 |
IL CASO: La pronuncia trae origine dal ricorso promosso da una società avverso una cartella di pagamento ad essa notificata per il mancato versamento dell’IRAP, ritenute alla fonte, addizionali e accessori.
Nelle more del giudizio la ricorrente provvedeva al pagamento degli importi indicati nella cartella impugnata.
Il giudizio veniva dichiarato estinto dalla Commissione Tributaria Provinciale per cessazione della materia del contendere e la decisione di primo grado veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale che rigettava il gravame interposto dalla ricorrente originaria avverso la suddetta decisione.
Secondo i giudici di appello il versamento eseguito dalla società contribuente era da considerarsi quale adempimento di obbligazione pecuniaria, non revocabile, con conseguente improcedibilità del giudizio per carenza di interesse, salva l'istanza di rimborso del contribuente.
Pertanto, quest’ultimo, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, proponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 46 d.Igs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui la sentenza della Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto la sua carenza di interesse a coltivare il giudizio a seguito del pagamento dell’importo della cartella esattoriale.
Secondo la ricorrente il pagamento era stato eseguito solo al fine di evitare l’instaurazione da parte dell’amministrazione finanziaria di procedimenti espropriativi e non quale spontaneo adempimento dell’obbligazione tributaria.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in rassegna, dopo aver rilevato che la ricorrente sin dal giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale aveva allegato che il pagamento, intervenuto nelle more del giudizio, era avvenuto non spontaneamente, ma per evitare successivi atti espropriativi in proprio danno e che, pertanto, esso non poteva essere qualificato come comportamento di acquiescenza alla pretesa tributaria, ha accolto il motivo del ricorso con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione.
Secondo gli Ermellini:
la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongono conclusioni conformi in tal senso al giudice;
tale principio è applicabile anche nel processo tributario, occorrendo che la parte che ha agito in giudizio per la tutela dei propri interessi ne abbia conseguito l'integrale soddisfacimento direttamente ad opera della controparte;
tutte le volte in cui il fatto sopravvenuto sia assunto da una sola parte in assenza di conclusioni conformi, il giudice ha il compito di valutare l'avvenuto soddisfacimento;
non integra acquiescenza alla pretesa tributaria il pagamento come anche la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento in quanto non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d'essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione, l'effetto di precludere ogni contestazione in ordine all'an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario, risultando irripetibile il versamento solo di quanto spontaneamente pagato;
il principio della inidoneità del pagamento non spontaneo (bensì coatto) a provocare la cessazione della materia del contendere è, del resto, speculare al principio, affermato dagli stessi giudici di legittimità, della sussistenza dell'interesse dell'Ufficio alla controversia in caso di sgravio di una cartella di pagamento in seguito a una sentenza favorevole al contribuente, in quanto trattasi di comportamento che può fondarsi anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese del procedimento espropriativo.