Covid-19, sovraindebitamento e nuovo Codice della crisi.

Avv. Rosario Pantellaro.

Da agosto 2020 entrerà in vigore il nuovo Codice della crisi d'impresa, con significative innovazioni anche delle procedure previste per il sovraindebitamento per il debitore civile. Tuttavia, tali innovazioni rischiano di rivelarsi inopportune in un momento di forte crisi socio-economica come quella che gli osservatori economici già preventivano. E' il caso, pertanto, di domandarsi se non sia il caso di prorogare ancora una volta l'operatività della riforma e permettere così agli organismi di composizione della crisi di adoperarsi, in un clima di rassicurante continuità legislativa, per svolgere quella funzione sociale che era stata loro assegnata.

Martedi 14 Aprile 2020

Come noto, il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, c.d. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, realizzava la riforma, da molti auspicata, della disciplina delle procedure concorsuali.

La precedente legge fallimentare, infatti, risaliva al periodo fascista (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) e i molteplici interventi modificativi avevano faticosamente cercato di informare l’impianto normativo della crisi d’impresa ai principi costituzionali, così come evolutivamente interpretati.

Per evitare che l’impatto delle nuove procedure, in alcuni casi radicalmente mutate, creasse una situazione di “panico applicativo” negli Uffici Giudiziari del paese, era stata prevista una lunga vacatio legis, di modo che il nuovo Codice entrasse in vigore il 15 agosto 2020, ben più di un anno e mezzo dopo la sua pubblicazione. In tal modo, si sarebbe data la possibilità ai commentatori e agli operatori di settore di studiare la nuova disciplina e farla propria, oltre che di dar vita ad un certo dibattito dottrinale preventivo.

Senonché, l’emergenza Covid-19 in corso in Italia dal febbraio 2020 ha reso sin da subito evidente la portata economico-sociale della crisi sanitaria. La prolungata chiusura della stragrande maggioranza delle attività economiche ad opera del DPCM 8 marzo 2020 e successivi, la prospettiva di un distanziamento sociale ancora necessario per lungo tempo e la prevedibile (ma non auspicata) difficoltà dei settori in cui l’aggregazione di individui appare indispensabile (turismo, spettacolo, ristorazione, etc.) sono solo alcuni dei fattori che hanno già messo in allarme gli operatori.

In buona sostanza, rischia di profilarsi un periodo di disagio economico che sarebbe il secondo in nemmeno una generazione.

Da più parti, pertanto, inizia a farsi strada la voce di chi auspica un rinvio del termine di entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa.[1]

Col presente contributo si vuol porre l’accento sull’opportunità di rinviare l’entrata in vigore della riforma anche con riguardo alle c.d. procedure di sovraindebitamento, ossia le procedure “concorsuali” cui accedono i c.d. soggetti non fallibili (start-up, imprenditori agricoli e/o sotto soglia, consumatori, ecc).

Come noto, la legge 27 gennaio 2012, n. 3 introduceva gli istituti dell’accordo di composizione della crisi, del piano del consumatore e della liquidazione del patrimonio, prevedendo anche la possibilità – fine ultimo auspicato – dell’esdebitazione del debitore c.d. civile. [2]

Le procedure di sovraindebitamento, ad oggi, non hanno però fornito i risultati sperati.

Esse hanno scontato in primo luogo la scarsa conoscenza, tra la gente comune, della possibilità di accedervi, oltreché la naturale ritrosia di soggetti a volte estranei alla complessità dei traffici commerciali a dichiararsi, in senso atecnico, “falliti”.

Altra criticità è senza dubbio stata la faticosa istituzione degli organismi di composizione della crisi, enti cui sarebbe stata affidata la “gestione” di tali procedure e di cui il D.M. 24 settembre 2014, n. 202 rendeva possibile l’operatività solo a partire, di fatto, dal 2015.

Va detto che la legge 3/2012 era stata propriamente pensata come risposta all’emergenza sociale venutasi a creare all’indomani della crisi economica globale del 2008. Non era certo casuale che il provvedimento era stato salutato dalla stampa come “legge salva suicidi”.

Può forse dirsi, pertanto, che nel provvedere all’introduzione di tali procedure e a renderle operative il legislatore non sia stato tempestivo né particolarmente proattivo.

Oggi, in previsione – spiace dirlo – di un non improbabile periodo di difficoltà economica anche e soprattutto per i piccoli imprenditori, gli enti cui è affidata la gestione del sovraindebitamento non possono farsi trovare impreparati una seconda volta.

Per tale motivo, occorre seriamente domandarsi se l’entrata in vigore del nuovo Codice possa avvantaggiare o mettere in difficoltà gli organismi di composizione della crisi e conseguentemente sfavorire l’accesso dei debitori civili all’esdebitazione.

Volgendo un primo sguardo – lo si anticipa, superficiale – alle procedure da sovraindebitamento così come riformate, possono farsi alcune considerazioni.

L’art. 76 c. 1 introduce l’obbligo di depositare, assieme alla domanda di accesso al c.d. concordato minore (così cambierà nome quello che sinora è stato l’accordo di composizione della crisi), una relazione “particolareggiata” dell’OCC che riguardi, tra le altre cose, “l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni; l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte”

Si fa strada, pertanto, l’obbligo di una valutazione giudiziale della meritevolezza del debitore civile, in una modalità sinora prevista solamente nell’ambito della sola procedura di piano del consumatore. Non è fuori luogo evidenziare che la relazione richiesta all’OCC in merito al comportamento tenuto da un imprenditore, ancorché piccolo, porrà problematiche del tutto differenti da quelle che potevano presentarsi con riguardo al mero consumatore.

Ancora: gli artt. 71 cc. 1-4 e 81 cc. 2-5, nel disciplinare le modalità di chiusura dell’esecuzione delle procedure di sovraindebitamento, prevede il deposito di un rendiconto da parte dell’OCC, soggetto peraltro ad approvazione da parte del Giudice. Solo all’esito della suddetta procedura il Giudice potrà liquidare il compenso dovuto all’OCC, potendo addirittura escluderlo in caso di mancata approvazione.

Sembra pertanto che l’introduzione di tali novità rischia di appesantire, rallentare e scoraggiare il lavoro dell’organismo di composizione, i cui gestori, forti dell’esperienza acquisita in questi anni, potrebbero invece svolgere, finalmente, la funzione sociale auspicata a suo tempo dal legislatore in occasione di una crisi economica analoga.

L’inopportunità dell’introduzione di una nuova disciplina in un periodo emergenziale involge anche valutazioni di tipo sostanziale.

Nella relazione particolareggiata che l’OCC è chiamato a fornire in fase di domanda di omologa del piano del consumatore, ad esempio, dovrà essere ora espressamente indicato “se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile” (art. 68 c. 3).

Posto che tale valutazione ben potrebbe derivare da un’opportuna valorizzazione del principio di buona fede nella fase pre-contrattuale e non necessariamente da una norma specifica, ci si chiede se, in un contesto emergenziale, l’introduzione della disposizione non rischia di far emergere tensioni sociali e conflittualità tra debitori e creditori.

Risulta, infatti, più adeguato invogliare gli istituti di credito a partecipare collaborativamente alle procedure e non metterli in condizione di doversi difendere dalle relazioni degli OCC.

In conclusione, pur riconoscendo la necessità di un riordino e di un ammodernamento delle procedure del sovraindebitamento, a chi scrive sembra opportuno che l’entrata in vigore della riforma, anche con riguardo agli istituti riservati al c.d. debitore civile, venga ulteriormente posposta.

In tal modo, gli organismi di composizione della crisi già formati potranno mettere finalmente in campo le competenze faticosamente acquisite nel corso degli anni e realizzare, in un periodo storico altrettanto incerto come quello che rischia di profilarsi, la funzione sociale che il legislatore aveva per loro auspicato, istituendoli, per contrastare la grave crisi economica del 2008.

Diversamente, tali enti rischiano di dover operare, in una situazione di emergenza socio-economica, in un contesto normativo mutato, col pressante rischio di una giurisprudenza più che mai ondivaga.

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NOTE

[1] A titolo esemplificativo, vds. Massimo Fabiani, “Il codice della crisi al tempo dell’emergenza coronavirus”, in www.quotidianogiuridico.it, 27 marzo 2020.

[2] Tale legge è stata poi modificata in maniera rilevante dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 197, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2012, n. 221, alla quale in effetti si deve l’attuale impianto normativo del sovraindebitamento.

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