La citazione diretta verso società inesistente viene sanata dalla costituzione volontaria del socio accomandatario, indipendentemente dalla volontà e dall’atteggiamento processuale di questo.
In tal senso si è epsressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 31130/2024.
Lunedi 16 Dicembre 2024 |
Il caso: Mevia conveniva nel 2004, davanti al Tribunale di Foggia la soc. Alfa S.a.s., chiedendo, in relazione all’atto di acquisto perfezionato tra le parti avente ad oggetto l’appartamento ad uso abitazione con relativo box auto posto al piano cantinato, che la società alienante fosse condannata al risarcimento dei danni per la mancata consegna del certificato di agibilità e per la necessità di ripristinare o rifare o adeguare l’intero impianto termico ad aria fredda e calda, con relative opere edili, nonché per il parziale mancato utilizzo dell’immobile acquistato, nella somma contenuta entro la soglia di euro 25.822,84.
Si costituiva in giudizio, con atto di intervento volontario Caio, già socio accomandatario della società convenuta, il quale eccepiva che la società evocata in causa era stata sciolta nel 1996, cui seguiva la cancellazione della società dal registro delle imprese nel 1997; pertanto, chiedeva che fosse dichiarata l’improponibilità della domanda per inesistenza della società convenuta, dichiarando di non accettare il contraddittorio sulle domande formulate ed interloquendo – in via subordinata – nel merito, eccependo la decadenza e prescrizione delle azioni avanzate e comunque la loro infondatezza.
il Tribunale adito rigettava la domanda risarcitoria proposta, rilevando che non vi era la legittimazione ad processum della società citata in giudizio, in quanto già estinta al momento della notifica dell’atto introduttivo del giudizio medesimo.
Mevia proponeva appello avanti alla Corte distrettuale, che rigettava l'impugnazione, confermando la sentenza di primo grado.
Mevia propone ricorso per Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2312, secondo comma, 2495, secondo comma, c.c., nonché 100, 105, secondo comma, 110, 156, terzo comma, 164 e 345 c.p.c., per avere la Corte territoriale reputato che la nullità della citazione diretta verso società inesistente non fosse stata sanata dalla costituzione volontaria del socio accomandatario, che si era comunque difeso nel merito, seppure in via subordinata.
Per la Suprema Corte la censura è fondata: sul punto rileva che:
a) la citazione in giudizio notificata ad una società di persone già cancellata dal registro delle imprese è nulla per inesistenza della parte convenuta, ma tale nullità, rilevabile d’ufficio, resta tuttavia sanata per effetto della costituzione in giudizio del successore, ossia del socio accomandatario, indipendentemente dalla volontà e dall’atteggiamento processuale di questo, atteso che la vocatio in ius di un soggetto non più esistente, ma nei cui rapporti sia succeduto un altro soggetto, consente comunque di individuare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio, realizzando un vizio meno grave rispetto a quello da cui è affetta la vocatio mancante dell’indicazione della parte processuale convenuta, che è sanabile mediante la costituzione in giudizio di chi, malgrado il vizio, si sia riconosciuto come convenuto;
b) a fronte della nullità della citazione indirizzata verso società inesistente (perché cancellata prima che avvenisse la notifica dell’atto introduttivo), la costituzione volontaria del socio accomandatario importa che l’atto abbia comunque raggiunto lo scopo ex art. 156, terzo comma, c.p.c.
c) ciò senza che rilevi la circostanza che il socio accomandatario abbia dichiarato di non accettare il contraddittorio, difendendosi comunque in via subordinata nel merito.