Cassazione: è reato produrre in giudizio la corrispondenza del coniuge

Lunedi 10 Febbraio 2014

La questione dibattuta dalla Suprema Corte nella sentenza n. 585 del 09/01/2014 riguarda il caso, non infrequente, di un coniuge che in sede di giudizio di separazione produca una corrispondenza destinata all'altro coniuge, non più convivente: nel caso di specie si trattava di un contratto editoriale di una società, comprovante le possibilità economiche dell'ex marito, depositato in giudizio dalla moglie.

Apertosi il procedimento penale a carico della ex moglie, sia il Tribunale che la Corte di Appello pronunciavano sentenza di condanna ex art. 616 c.p. Perchè “ pur non essendone destinataria, apriva e prendeva cognizione della corrispondenza..... destinata a C.M., suo marito non convivente, dal quale è legalmente separata, utilizzandola nella causa di separazione pendente innanzi al Tribunale.....".

La donna proponeva ricorso per Cassazione adducendo una serie di motivi:

1) La busta contenente la corrispondenza era giunta a destinazione già aperta

2) Il destinatario aveva comunque preso visione e conoscenza della corrispondenza prima che la ex moglie la producesse in giudizio;

3) Sussisteva comunque una giusta causa di rivelazione del contenuto del plico per cui non si era integrata la fattispecie di cui all'art. 616 c.p.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso proposto dalla ex moglie, chiarisce la portata della norma applicata: l'art. 616 c.p. tutela la libertà individuale e la riservatezza come valori assoluti e pertanto non può assumere alcun rilevo che il plico fosse chiuso o aperto, essendo evidente che la corrispondenza era destinata ad altri: per lo stesso motivo, prosegue la Corte, non ha alcuna importanza che il destinatario fosse a conoscenza del contenuto del plico;

4) Inoltre, a parere degli Ermellini,  nel caso di specie non ricorre neppure la giusta causa di cui all'art. 616 c.p., comma 2, la quale presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che, ex art. 210 c.p.c., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all'altra parte o ad un terzo, l'esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo”.

La Cassazione, quindi, nella sentenza in commento, pur essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione, afferma e ribadisce il principio per cui commette il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.), colui che sottragga la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione.

 

Testo della Sentenza

Pagina generata in 0.095 secondi