La Vittima di Reato alloglotta dopo la Direttiva Europea 29/2012/UE

Premessa

La Direttiva Europea n.29 del 2012 ha introdotto tutta una serie di diritti pre-processuali e processuali delle vittime di reato.

Con essa l’Unione Europea ha preso in considerazione le rilevanti divergenze di sistemi processuali, tutt’ora esistenti negli ordinamenti interni dei Paesi Membri, ed ha sollecitato questi ultimi ad apportare sistemi di tutela minimi in favore delle vittime di reato

Giovedi 31 Agosto 2023

Il provvedimento, benché persegua principalmente l’obiettivo dichiarato di rafforzare specifici diritti per le vittime (in particolare: informazione, assistenza, protezione e partecipazione,richiede che alla persona offesa venga assegnato un chiaro ruolo nel sistema di giustizia penale nazionale.

Inoltre, la Direttiva disciplina le prerogative di tutte le vittime, indicando le modalità di individuazione delle vittime meritevoli di particolari strumenti di tutela, pure disciplinati nel testo del provvedimento.

Nel nuovo sistema processuale delineato dal Legislatore europeo, il rafforzamen to della posizione del soggetto leso passa innanzitutto attraverso l’estensione soggettiva della nozione di “vittima”, con cui la Direttiva indica “una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo,o perdite econo miche che sono stati causati direttamente da un reato”

Per contro,il Legislatore italiano non menziona mai la “vittima”, ancorato al secolare dualismo fra persona offesa, titolare dell’interesse protetto dalla norma penale violata, e la parte civile, che patisce le conseguenze patrimoniali e/o morali del reato.

Mentre al primo spettano diritti e facoltà finalizzati ad assicurare una partecipazione al procedimento e all’esercizio di attività di sollecitazione e di impulso probatorio, al solo danneggiato sono conferiti,invece, tutti i diritti e i poteri di una vera e propria parte processuale,ma solo dopo la sua formale costituzione di parte civile

Viene anche rivolta dalla Direttiva UE una particolare attenzione rivolta alla Vittima Straniera alloglotta.

  • Il diritto della Vittima straniera all’interprete ed alla traduzione degli atti

Per comprendere la portata dell’’intervento legislativo europeo sul tema non si può prescindere dalle garanzie riconosciute e contemplate dagli artt. 5, par. 2 e 6, par. 3, lett. a) della CEDU.

La prima norma richiamata accorda all’imputato il diritto ad essere informato al più presto e in una lingua che comprende dei motivi dell’arresto e di ogni accusa formulata a suo carico.

Il successivo art. 6, par. 3 lett. a) della CEDU sancisce “ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti ad un tribunale indipendente e imparziale,istituito per legge”.

Le stesse garanzie vanno estese alla Vittima alloglotta che non conosce la lingua del Paese atteso che l’art. 14 della CEDU proibisce le discriminazioni basate su diverse ragioni, tra le quali la lingua.

La stessa esistenza di questi sani principi sanciti dalla Convenzione Europea impone a tutti i Governi della UE di assicurare un’assistenza linguistica sia all’imputato che alla Vittima di Reato siccome diritto umano fondamentale.

Tale assistenza,considerata un meta-diritto per garantire la capacità processuale all’imputato, va estesa a tutto il procedimento e deve trovare applicazione a tutti gli atti connessi al processo a cui partecipa lo stesso imputato ovvero la parte offesa per un’efficace comprensione degli atti processuali posti in essere dall’Autorità Giudiziaria.

Una comprensione chiara e precisa degli atti del procedimento e sul contenuto dell’accusa trova anche riscontro nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea, nata per rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri e per facilitare il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie dei diversi ordinamenti giuridici nazionali.

In questo contesto vanno ancora ricordate le Direttive 2010/64/UE del 20 ottobre 2010 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione degli atti nei procedimenti penali e la Direttiva 2012/13/UE del 22 maggio 2012 sul diritto all’informazione dell’addebito penale.

Senza soffermarsi oltre sul contenuto della Direttiva del 2012,ne commentiamo i passaggi più significativi, che concorrono a dar forma allo spirito della Direttiva stessa e la normativa emanata dal Legislatore Italiano dopo il suo recepimento,sebbene non nella sua totalità,per quello che diremo oltre. .

  • La Carta dei diritti della vittima in sintesi

Il legislatore Italiano ha recepito la Direttiva UE con il D.Lvo 215/2005 che ha introdotto quella che può essere definita come la nuova carta dei diritti della vittima” posta all’interno dell’art. 90-bis c.p.p.

Iin primo luogo, sono garantiti i diritti della vittima straniera di comprendere e di essere compresa, tanto in fase di indagine, quanto in fase processuale; tale diritto è coessenziale a quelli di poter esprimere le proprie denunce senza rischi di fraintendimenti e di conoscere facoltà e poteri attribuiti dal sistema processuale alle persone offese del reato.

Una particolare attenzione viene riservata al momento della denuncia di un reato anche sul piano linguistico.

Tale informazione rappresenta, infatti, un presupposto imprescindibile per l’offeso poiché la vittima va informata in ordine alle modalità di presentazione dell’atto e alle conseguenze procedimentali ad esse connesse (art 90-bis lett. a).

Viene inoltre assicurata una maggiore tutela per la vittima straniera poiché la lett. g) della norma innanzi richiamata ha sancito un generale obbligo informativo circa i diritti riconosciuti dalla legge alla Vittima nel caso in cui risieda in uno Stato membro dell'Unione europea diverso da quello in cui è stato commesso il reato.

Il nuovo art. 107-ter disp.att. c.p.p., specifica, poi, la possibilità di presentare denuncia o querela nell’idioma conosciuto, purché la proposizione avvenga presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del Distretto..

Medesimi accorgimenti vanno rivolti alla vittima residente o domiciliata in Italia che abbia subito un reato fuori dai confini nazionali atteso che l’art. 108-te deller disp.att. c.p.p., ha introdotto il diritto a presentare denuncia o querela presso il Procuratore della Repubblica alla Corte d’Appello, il quale si occuperà dell’inoltro all’autorità giudiziaria straniera competente.

La scelta è dovuta al costante aumento nell’area comunitaria del numero delle vittime di reato – spesso provenienti da Paesi diversi da quello di commissione del fatto criminoso – e rappresenta, un’inevitabile conseguenza della costruzione di uno spazio giuridico europeo di libertà e sicurezza, al cui interno i cittadini possono muo versi liberamente.

Altro punto rilevante è stato quello di potenziare e armonizzare negli Stati membri gli strumenti di protezione a favore dell’offeso che diviene,così non solo un’attuazione in concreto dei principi di libera circolazione e di uguaglianza, ma anche una risposta ad esigenze contingenti.

Le informazioni all’offeso, ex art. 90-bis c.p.p., comportano anche l’obbligo di informare lo stesso sulle fasi procedimentali successivi alla querela/denuncia presentata..

La normativa prescrive, infatti, che la vittima riceva aggiornamenti sullo stato del procedimento e su eventuali iscrizioni ex art. 335 c.p.p. (lett. b); sulle Autorità cui rivolgersi per ottenere informazione (lett. i); sulle modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti (lett. h).

Viene inoltre introdotto il il diritto della Vittima alla notifica del capo di imputazione, della data d’udienza, nonché, se costituita parte civile, della decisione finale, anche solo per estratto (lett. a).

Ulteriori prescrizioni in tema di informazione sul diritto di difesa (lett. d) e all’assistenza linguistica (lett. e): l’intervento ad adiuvandum del difensore di fiducia e dell’interprete/traduttore viene concepito come speculare rispetto a quello previsto per l’imputato,entrambi preposti ad introdurre a fianco della parte privata un professio nista che sappia “parlare la lingua del processo” come pure “tradurla” che può essere interpretato come dirittoall’assistenza da parte di un interprete e traduttore qualificato ed esperto di Diritto Penale e Processuale differenza dei Mediatori Culturali che non hanno la professionalità necessaria .

Parimenti, la vittima deve essere informata del diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato, nella chiara direzione dell’abbattimento di ogni ostacolo alla richiesta di giustizia avanzata.

Diverse, invece, sono le finalità degli avvisi orientati a proteggere la vittima da pericoli concreti per la sua incolumità.

Sul tema è stata emanata una norma ad hoc con l’art. 90-ter c.p.p., in cui viene sancito il diritto dell’offeso a richiedere alle Autorità competenti informazioni specifiche sulla scarcerazione o evasione dell’autore del reato, nei casi più gravi e ove sussista un effettivo rischio di ritorsioni.

In particolare, la norma innanzi indicata prevede che l’avviso venga inoltrato senza ritardo da parte della polizia giudiziaria nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, e salvo che tale notifica possa comportare un rischio concreto di danno per l’autore del reato.

La notifica diviene doverosa nei soli casi cui la vittima abbia dichiarato di voler essere informata, il ché, in realtà, potrebbe frustrare gli obiettivi sottesi alla norma.

Tuttavia la nuova norma va a completare le disposizioni recentemente introdotte in tema di tutela del soggetto leso.

Infatti,la Legge. 119 del 2013, come è noto, ha stabilito che nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, un’obbligatoria forma di interlocuzione con la persona offesa dal reato, individuata quale destinataria ex lege della notifica della richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari previste dagli artt. 282-bis, 282- ter, 283, 284, 285 e 286 c.p.p., a pena di inammissibilità dell’istan za de libertate

Nella stessa direzione va letto l’art. 4 del d.lvo. n. 9 del 2015, che ha inserito all'interno dell'articolo 282-quater c.p.p. un nuovo comma (1-bis) contenente l'obbligo per l'Autorità Giudiziaria procedente di informare la persona offesa circa la facoltà di richiedere l'emissione di un ordine di protezione europeo.

Inoltre fra i nuovi diritti informativi, spicca, poi, la facoltà della vittima di essere avvisata della richiesta di archiviazione (ex art. 90-bis, comma 1, lett. c), c.p.p.).

È noto, infatti, l’avviso di archiviazione deve essere notificato solo se la persona offesa ne abbia fatto specifica richiesta mentre mancava una disposizione generale che obbligasse l’Autorità procedente ad informare anche la Vittima di questo diritto.

Seppur in estremo ritardo rispetto alla Direttiva 2012/29/UE,che sancisce il diritto all’assistenza linguistica ed alla gratuità della prestazione per le vittime di reato, Il Legislatore ha emanato D.lgs. n. 212/2015, che rappresenta un vero e proprio “Statuto dei diritti della vittima”, con il quale si è inteso porre rimedio ad una situazione di “particolare arretratezza” nella messa a disposizione delle vittime alloglotte di un sistema di assistenza linguistica, che tutt’ora manca nelle Aule di Giustizia.

Il D.lgs. n. 212/2015 ha,quindi,introdotto, ex novo, gli artt. 90-bis e 143-bisc.p.p. che consentono alla vittima di essere informata dei propri diritti e poteri ed essere in grado di gestirli nel processo dopo la declaratoria di incostituzionalità dell’art.143 c.p.p. per la mancata estensione alle Vittime del diritto all’interprete traduttore,a seguito di un delicato caso trattato da chi scrrive che riguardava un’imputata straniera.

Analogamente,in base alla introduzione dell’art.90-bis c.p.p., la persona offesa, sin dal suo primo contatto con l’Autorità Giudiziaria, ha diritto a ricevere in una lingua a lei comprensibile informazioni sulle modalità con le quali può presentare denuncia o querela e attraverso cui esercitare tutti i diritti e le facoltà che la Legge le riserva nel corso delle indagini e del processo.

In base a tale principio,la persona offesa deve, inoltre, essere prontamente informata in ordine a tutta una serie di facoltà tra cui: ottenere informazioni sullo stato del procedimento, chiedere di essere avvisata per un’eventuale richiesta di archiviazione, essere resa edotta delle modalità attraverso le quali poter accedere al patrocinio a spese dello Stato e di poter beneficiare del diritto all’interprete e alla traduzione degli atti fondamentali del procedimento.

Le garanzie menzionate nell’art. 90-bis c.p.p. rappresentano, dunque, un importan tissimo passo in avanti rispetto alla posizione della persona offesa nel processo penale.

  • Interpreti e traduttori forensi

Da quanto innanzi esposto, emerge chiaramente il diritto della Vittima alla comprensione degli atti giudiziari che non va letto solo come garanzia per l’imputato ma anche come tutela della vittima del reato che deve essere messa nella condizione di capire ciò che accade nel processo e di farsi capire nell’esercizio di ogni diritto ad essa assicurato.

Rimane,comunque, del tutto intonsa la questione degli Interpreti e traduttori forensi,da sempre al centro delle critiche nelle Aule di Giustizia per la rilevante incapacità di interpretare in udienza o tradurre il linguaggio giuridico in maniera intellegibile.

Appare,quindi,necessario che la Riforma della Giustizia in sede di applicazione si occupi di avviare specifici Corsi di Formazione linguistica giuridico forense per formare una nuova classe di Interpreti e Traduttori consci del compito delicato a loro assegnato dalle parti.

L’obiettivo finale da perseguire deve essere quello di coniugare l’intervento del Legislatore italiano con la giurisprudenza e la Dottrina in materia e di superare, così, le rilevate criticità per adeguare l’Ordinamento italiano agli ambiziosi standard fissati dalle Direttive europee.

Solo in questo modo l’Italia potrà garantire anche al cittadino straniero,imputato o vittima che sia il diritto ad un processo veramente “Giusto” attraverso il pieno ed effettivo riconoscimento del diritto di difesa costituzionalmente protetto

Pur tuttavia la piattaforma informativa linguistica delineata dalla Direttiva Europea del 2012,sebbene adottata in parte,diviene funzionale ad una partecipazione effettiva della vittima al procedimento penale in cui «la comprensione e la possibilità di essere compresi rappresentano le coordinate essenziali di un sistema di giustizia».

In tal modo l’informazione potrà dirsi efficace (e la partecipazione reale) solo se quegli inputs conoscitivi vengono effettivamente compresi dal suo destinatario.

In questa prospettiva va letta la Direttiva laddove in più occasioni insiste non solo sull’obbligo informativo ex se, ma sulla necessità che alla vittima straniera vada assicurata un’assistenza linguistica che le consenta di «comprendere ed essere compresa».

Ebbene, proprio questo tema ha da sempre costituito un punctum dolens della nostra disciplina legislativa ed un aspetto che ostinatamente il legislatore ha ignorato per decenni,nonostante già la Commissione Europea sin dal 1978 avesse suggerito la massima espansione delle garanzie linguistiche per tutti gli attori del processo.

Proprio nell’ottica di fornire alle vittime di reato una tutela immediata anche dal punto di vista linguistico, il legislatore ha introdotto nel D Lvo 212/2015 l’art. 143-bis c.p.p. che prevede la nomina di un interprete anche per la vittima che non conosce la lingua italiana.

Si tratta, in quest’ultimo caso, di una novità molto rilevante volta ad assicurare alla persona offesa un’importanza processuale al pari di quella rivestita dall’imputato come accaduto in passato.

La vera chiave di volta del nuovo sistema è rappresentata dall’art. 143-bis c.p.p. di cui, ad onore del vero, chi scrive si è fatto promotore grazie ad una importante sentenza della Corte Costituzionale che ha reso giustizia ad una malcapitata cittadina straniera.

Il primo comma, che ricorda il vecchio testo dell’art. 143 c.p.p., dispone che l’autorità procedente nomini un interprete quando occorra tradurre una scritto in lingua straniera e in tutte le ipotesi in cui un soggetto (anche non offeso) voglia rilasciare una dichiarazione.

Analogamente, si impone la nomina, anche d’ufficio, ove la vittima debba essere sentita, nonché in tutte le ipotesi in cui voglia partecipare al procedimento.

Per rispondere ad esigenze di celerità, la nuova disposizione, al terzo comma, prevede che si possa fare ricorso a tecniche di comunicazione a distanza, sempre che ciò non pregiudichi i diritti dell’offeso.

Il quarto ed ultimo comma dell’art. 143-bis c.p.p. opera, invece, sul versante della traduzione, affidando alla discrezionalità del giudice la scelta di quegli atti ritenuti «essenziali» per l’esercizio dei diritti della vittima, laddove forse sarebbe stata preferibile un’elencazione tassativa minima. D’altronde, questa è stata la direzione seguita dalla stessa direttiva, nonché, assumendo una prospettiva “locale”, dal recente d.lgs. n. 32 del 2014, ancorché sul versante dell’imputato alloglotta.

Si prevede, inoltre, conformemente alle indicazioni, la possibilità di una traduzione solo parziale o orale per fronteggiare il problema dei costi da più fronti paventato, sempre che questa modalità contratta non pregiudichi l’equità del procedimento.

La norma sancisce, poi, la gratuità per la parte offesa dell’assistenza dell’interprete e del traduttore, tuttavia tali spese,come dispone l’art. 5 d.P.R. n. 115/2000, sono ripetibili dal condannato.

In definitiva,appare evidente come la garanzia ad una partecipazione consape vole resti, di fatto, affidata alle scelte dell’autorità giudiziaria, chiamata volta per volta ad un giudizio di necessità dell’interpretazione ed essenzialità della traduzione

Nondimeno va evidenziato come la coscienza giuridica nazionale si sia aperta ad una nuova concezione del reato, non più «solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali della vittime».

Il Legislatore italiano non può ancora ignorarlo anche perché è intervenuto sul tema a più riprese: innanzitutto, stabilendo l’obbligo di informare la vittima alloglotta dei suoi diritti in una lingua conosciuta (art. 90-bis, comma 1, c.p.p.); in secondo luogo, assistendolo al momento della presentazione della querela (art. 107-ter disp.att. c.p.p.).

Risulta evidente che al fine di garantire al meglio il diritto della vittima alla comprensione delle vie di tutela ad essa assicurata è necessario che l’informazione sia resa in forma scritta per evitare che la stessa vittima si dimentichi o non comprenda gli avvertimenti ricevuti dall’A.G..

L’atto scritto ai sensi dell’art. 90-bis c.p.p. va tradotto in un idioma conosciuto dalla vittima straniera in forma chiara, «intellegibile anche per coloro che non hanno quotidiani contatti con la giustizia, sicché non è certo idonea a soddisfare la comprensione una comunicazione che consista unicamente nel richiamo di un coacervo di norme di legge».

E ancora. Nell’informare la vittima, l’Autorità Giudiziaria competente deve tenere conto anche del livello di maturità intellettuale della stessa perché solo in questo modo potrà realizzarsi l’effettiva conoscenza dei diritti alla stessa spettanti.

In conseguenza, al fine di non aggravare gli adempimenti esecutivi dell’Autorità Giudiziaria sarebbe necessario predisporre un’integrazione delle informazioni di cui all’art. 90-bis c.p.p. parametrata «sulla base di un individual assessment delle necessità dell’offeso».

Nondimeno,merita di essere sottolineato, sul punto, che qualora si debba procedere all’esame della persona offesa, è l l’Autorità Giudiziaria competente che nomina un interprete, anche d’ufficio, con ciò stravolgendo l’obiettivo della Direttiva Europea rivolta, prima di tutto, a tutelare la persona offesa atteso che tale nomina,secondo l’art. 143-bis, comma 2 c.p.p., verrebbe effettuata a prescindere dalla richiesta e dalla volontà espressa della persona offesa.

Per altri versi, la potestà per l’Autorità giudiziaria di disporre della nomina dell’interprete sembrerebbe diretta a dimostrare che il Legislatore abbia avuto il fine di creare un meccanismo atto a rendere intellegibili e, soprattutto, affidabili, le affermazioni di un dichiarante spesso fondamentale per la risoluzione della “res judicanda» a prescindere dalla volontà della Vittima ma sempre allo scopo di poter esercitare il proprio diritto alla difesa in giudizio. .

Altri dubbi interpretativi deriverebbero dalla mancata previsione dell’impu gnazione avverso la decisione che denega la stessa traduzione nonché la nomina dell’interprete per la persona offesa.

In questo modo,a differenza di quanto previsto dall’art. 7, par. 7 della Direttiva n. 29 del 2012, il Legislatore italiano avrebbe aggirato la previsione sul diritto all’impugnazione dei provvedimenti in materia sul presupposto del fatto che l’art. 586 c.p.p. già impone l’impugnazione dell’ordinanza dibattimentale unitamente al gravame della sentenza.

  • La Riforma Cartabia in itinere

Una volta sancito il diritto dell’imputato come pure quello della parte offesa alla traduzione linguistica,resta da stabilire quali sono i soggetti abilitati a svolgere questo delicato compito presso l’Autorità Giudiziaria.

Come innanzi ricordato e nonostante le Direttive Europee,il Legislatore non ha in alcun modo inteso disciplinare la figura dell’interprete e traduttore forense,entrambe figure diverse ma essenziali ad un corretto svolgimento del processo.

L’attuale Riforma della Giustizia,ancora in itinere,anche in ossequio a quanto innanzi enunciato,assegna al Governo in questa direzione un compito essenziale in tema di tutela delle vittime alloglotte.

In particolare la Legge Delega, all’artt. 1 comma 18 lett d) invita il Governo a prevedere, in ogni caso, che le specifiche garanzie per l'accesso ai programmi di giustizia riparativa e per il loro svolgimento includano(omissis) il diritto all'assistenza linguistica delle persone alloglotte; la rispondenza dei programmi di giustizia riparativa all'interesse della vittima del reato, dell'autore del reato e della comunità(omissis)”

Sempre con riferimento agli esiti del processo, ma su un piano alternativo rispetto all’ordinaria ricomposizione del conflitto sociale, le lett. n) e o) dell’art. 90-bis c.p.p., prescrivono che l’offeso sia informato della possibilità di rimettere la querela o accedere a forme di mediazione con il reo nonché alla facoltà di intervenire nei procedimenti sospesi per messa alla prova dell’imputato o quelli in cui è applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le finalità sottese a questa norma in tema di Giustizia Riparativa, meglio specificate nella Legge di Riforma Cartabia, come vedremo oltre,sono quelle di promuovere l’incontro fra vittima e reo,che diviene occasione per ottenere una riparazione morale e al contempo, quella di favorire la reintegrazione e la riabilitazione dell’imputato,in vista di epiloghi “più costruttivi e meno repressivi» della giustizia penale”, che costituisce la ragione primaria della introduzione della Giustizia Riparativa. . La norma,tuttavia, muove da una prospettiva poco realistica, che non tiene conto della situazione in cui versa la Giustizia Riparativa nel nostro sistema agli albori della sua introduzione poiché mancano ancora un’informativa della Vittima per l’accesso ai percorsi alternativi non accompagnata da un generale ripensamento degli strumenti riparativi concretii e privi di un qualsivoglia parametro di riferimento da cui partire e di un calcolo tabellare dei danni da liquidare.

Su questo piano va sottolineato che anche la parte della Riforma che introduce la mediazione penale,da varie parti auspicata,come strumento di giustizia riparativa e di composizione dei conflitti,non potrà dunque non tenere conto della importanza di assicurare alle parti litiganti una efficacia assistenza linguistica proprio per evitare incomprensioni che ne impedirebbero la utilizzazione.



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