La testata giornalistica online rientra nella nozione di stampa. Il direttore della testata telematica è responsabile per l'eliminazione dei contenuti diffamatori sul web una volta avutane conoscenza, e anche se il contenuto è apparso in forma anonima.
Decisione: Sentenza n. 13398/2018 Cassazione Penale - Sezione V
Mercoledi 17 Ottobre 2018 |
Il caso.
Il Tribunale condannava l'imputato per il delitto di cui all'art. 595, co. 1, 2 e 3, codice penale per aver redatto e pubblicato su un giornale telematico un articolo dal titolo "Il Vizio di Vinicio", con il quale, secondo l'assunto accusatorio, si offendeva, anche con l'attribuzione di fatti determinati, l'onore e la reputazione di V.
La corte di appello, riformando la sentenza del tribunale, assolveva l'imputato con la formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", revocando le statuizioni civili, disposte dal giudice di primo grado in favore della costituita parte civile.
La parte civile proponeva ricorso per cassazione, che la Corte accoglie.
La decisione.
Dopo aver riassunto la fattispecie, il Collegio ritiene il ricorso fondato.
La Cassazione, richiamandosi alla pronuncia del 2015 delle sue Sezioni Unite, ricorda il «principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (con la sentenza n. 31022 del 2015), che hanno ricondotto la testata giornalistica telematica alla nozione di "stampa"»: infatti, con tale pronuncia, è stato affermato che «la testata giornalistica telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra nella nozione di "stampa" di cui all'art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in quanto si tratta di prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l'attività di informazione professionale diretta al pubblico».
Il giornale telematico, dunque, «sia se riproduzione di quello cartaceo, sia se unica e autonoma fonte di informazione professionale, soggiace alla normativa sulla stampa, perché ontologicamente e funzionalmente è assimilabile alla pubblicazione cartacea. E', infatti, un prodotto editoriale, con una propria testata identificativa, diffuso con regolarità in rete; ha la finalità di raccogliere, commentare e criticare notizie di attualità dirette al pubblico; ha un direttore responsabile, iscritto all'Albo dei giornalisti; è registrato presso il Tribunale del luogo in cui ha sede la redazione; ha un hostig pro vider, che funge da stampatore, e un editore registrato presso il ROC.».
Fatte queste premesse, la Suprema Corte ne deduce che «Dalla riconducibilità della testata giornalistica telematica alla nozione di "stampa", consegue la sottoposizione di tale particolare forma di "giornale" alla relativa disciplina di rango costituzionale e di livello ordinario. Ad essa, pertanto, si estendono non solo le garanzie costituzionali a tutela della stampa e della libera manifestazione del pensiero previste dall'art. 21, Cost., ma anche le disposizioni volte ad impedire che con il mezzo della stampa si commettano reati, tra le quali particolare rilievo assume il disposto del citato art. 57, c.p., che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, estende la sua portata anche ai casi di pubblicazione di un articolo non firmato, da ritenersi, in assenza di diversa allegazione, di produzione redazionale, dunque, riconducibile al direttore responsabile.»
La conseguenza pratica è che «Risulta, pertanto, superato il contrario orientamento della giurisprudenza di legittimità, che escludeva la responsabilità del direttore di un periodico on-line per il reato di omesso controllo, ex art. 57, c.p., principalmente per l'impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, nonché per l'impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori "postati" direttamente dall'utenza».
Inoltre, «le garanzie e le responsabilità previste, per la stampa, dalle disposizioni sia di rango costituzionale, sia di livello ordinario, devono essere riferite ai soli contenuti redazionali e non anche ad eventuali commenti inseriti dagli utenti (soggetti estranei alla redazione), che attivano un forum, vale a dire una discussione su uno o più articoli pubblicati».
Ciò premesso, passando a esaminare il caso oggetto di decisione, la Cassazione precisa quanto segue: «ritiene il Collegio che non possa essere invocata come causa di esclusione della responsabilità ex art. 57, c.p., del direttore responsabile di una testata giornalistica on-line, la circostanza che l'articolo contenente espressioni diffamatorie sia stato "postato" in forma anonima, quando, come nel caso in esame, l'articolo, lungi dall'essere un commento ab externo di un lettore, si presenti come contenuto redazionale, sia pure inserito non firmato dal suo autore, all'interno della pubblicazione telematica, come si evince dalla documentazione allegata al ricorso.
Tale modalità di inserimento nel corpo della testata lascia presumere, infatti, la possibilità da parte del direttore responsabile di operare un controllo preventivo sul contenuto del giornale, che, altrimenti, ove non operasse alcun filtro, sarebbe esposto alla indiscriminata pubblicazione di ogni sorta di articolo diffamatorio, diventando un efficace strumento per la consumazione di reati a mezzo stampa».
Poiché nel caso in esame «risulta dimostrata la permanenza dell'articolo nel sito del giornale, e, dunque, la possibilità di fruirne da parte di un numero potenzialmente illimitato di lettori-utenti della "Rete", per un lungo periodo di tempo (oltre un anno), a far data dalla pubblicazione avvenuta», quindi «ove anche si addivenisse, attraverso un'indagine tipica del giudizio di merito, ad accertare che da parte del direttore responsabile non vi era la possibilità di controllare preventivamente il contenuto dell'articolo in questione, predisponendo gli opportuni accorgimenti tecnico-organizzativi, ove praticabili, che gli consentissero di venire a conoscenza in anticipo dei contenuti degli articoli "postati" in forma anonima, ciò non sarebbe, comunque, sufficiente ad escludere la responsabilità del predetto, in relazione alla permanenza dell'articolo incriminato, che egli avrebbe potuto (e dovuto) rimuovere».
E questo perché la responsabilità «può atteggiarsi, indifferentemente, a titolo di colpa, ex art. 57, c.p., o di concorso ex art. 110, c.p., nel reato di diffamazione, quando vi sia la prova del consenso e della adesione del direttore al contenuto dello scritto diffamatorio (cfr. Cass., sez. V, 28.9.2017, n. 52743, rv. 271782), senza che si possa sostenere, nel primo caso, il verificarsi di un'indebita modifica della fattispecie normativa di cui all'art. 57, c.p., attraverso la sottoposizione a sanzione di una condotta diversa da quella tipizzata dal legislatore»
Con una precisazione: «La costruzione della responsabilità prevista dall'art. 57, c.p., in termini di colpa, va, invero, rapportata allo scopo dichiarato dalla norma: evitare che con il mezzo della pubblicazione siano compromessi i beni ritenuti meritevoli di tutela dal Legislatore penale», e nel caso di pubblicazione di un articolo diffamatorio sul web la lesione del bene giuridico protetto «non si esaurisce nell'atto della pubblicazione, cioè della materiale inserzione e della diffusione dell'articolo nella realtà telematica, ma continua per tutto il tempo di permanenza dello scritto nel mondo della "Rete", dove è liberamente consultabile, come si diceva, da un numero potenzialmente illimitato di lettori, la valutazione del comportamento del direttore responsabile (o del vice-direttore) va effettuata con riferimento, sia al momento dell'inserzione dell'articolo nella testata giornalistica telematica, sia al momento successivo della permanenza dello scritto nella testata accessibile on-line, allo scopo di accertare se, in relazione ad entrambi i momenti, sia in concreto rimproverabile all'imputato la mancata osservanza di regole di condotta, che, ove rispettate, avrebbero impedito la lesione del bene giuridico protetto dalle norme penali».
Nel pronunciarsi, il Collegio rileva anche un ulteriore aspetto rilevante per la fattispecie sottoposta al suo esame (non rilevato dal Giudice di appello), e cioè la «circostanza, accertata nel dibattimento di primo grado, che il D. oltre ad essere direttore responsabile della testata telematica in parola, era anche "amministratore" del sito elettronico, dove veniva pubblicato il giornale», e «In tale qualità gravava su di lui l'obbligo di provvedere all'eliminazione dell'articolo diffamatorio sul sito, una volta che ne fosse venuto a conoscenza».
La Corte accoglie il ricorso, annullando la sentenza di appello e rinviando per un nuovo esame al giudice civile competente.
Osservazioni.
La pronuncia riconferma il principio che anche il direttore della testata telematica è responsabile per l'eliminazione dei contenuti diffamatori sul web una volta avutane conoscenza, perché la lesione del bene giuridico protetto continua per tutto il tempo di permanenza del contenuto sulla rete ove è liberamente consultabile da un numero potenzialmente illimitato di lettori.
La pronuncia riguardava il caso di una testata online periodica, e questo va tenuto presente ai fini dei differenti obblighi tra le testate periodiche e non.
Giurisprudenza rilevante.
Cass. 52743/2017
Cass. 31022/2015
Cass. 15004/2012
Cass. 43084/2008
Cass. 31022/2015, Sezioni Unite
Disposizioni rilevanti.
Codice Penale
Vigente al: 13-10-2018
Art. 57 - Reati commessi col mezzo della stampa periodica
Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.(
Art. 595 - Diffamazione
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire diecimila.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire ventimila.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire cinquemila.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
LEGGE 8 febbraio 1948, n. 47
Disposizioni sulla stampa
Vigente al: 13-10-2018
Art. 1 - Definizione di stampa o stampato
Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.