Con l’ordinanza n. 403/2019, pubblicata il 10 gennaio scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al momento in cui si considera perfezionato l’appello promosso avverso la sentenza emessa dal Tribunale in materia di separazione tra coniugi.
Secondo i giudici di legittimità, il gravame si perfeziona con il deposito, nel termine perentorio di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., del ricorso in cancelleria, in quanto la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza costituiscono un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione, funzionale soltanto all’instaurazione del contraddittorio.
IL CASO: Il caso approdato innanzi ai Giudici della Suprema Corte di Cassazione nasce dalla decisione con la quale la Corte di Appello aveva rigettato il ricorso promosso avverso la sentenza di separazione giudiziale emessa dal Tribunale.
Il gravame veniva dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale, in quanto proposto oltre il termine di sei mesi previsto dall’articolo 327 c.p.c. Nella specie l’appello proposto dalla moglie era stato introdotto con atto di citazione anzichè con ricorso, notificato entro il termine dei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata ed iscritto a ruolo dopo dieci giorni dalla notifica e quindi oltre il termine dei sei mesi previsto dalla suddetta disposizione.
L’appellante, ritenendo errata la decisione della Corte di Appello, proponeva ricorso per Cassazione, deducendo fra l’altro la violazione e la falsa applicazione dell’art. 327 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civile., in quanto secondo la ricorrente, il termine dei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado previsto dal suddetto articolo era stato rispettato, avendo proceduto alla notifica dell’atto di Appello nel suddetto termine.
LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ritenendo corretta la decisione della Corte di Appello, ha dichiarato il motivo di impugnazione infondato rigettando di conseguenza il ricorso ed evidenziando che in tema di impugnazione della sentenza di separazione personale tra coniugi, la disposizione di cui alla legge 74 del 1987 secondo la quale “l’appello è deciso in camera di consiglio”, deve essere interpretata nel senso che essa postula l’applicazione del rito camerale con riferimento all’intero giudizio di impugnazione.
Pertanto, hanno continuato gli Ermellini, l’appello si considera proposto, ai fini del perfezionamento, con il deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine perentorio di cui agli artt. 325 e 327 cod. proc. civ., costituendo la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione, funzionale soltanto all’instaurazione del contraddittorio;
Nel caso in cui l’appello venga introdotto con atto di citazione e non con ricorso, in applicazione del generale principio di conservazione degli atti processuali, l’impugnativa non si considera nulla se l’atto viziato abbia i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, ed il relativo deposito nella cancelleria del giudice adito viene effettuato entro i termini perentori fissati dalla legge (Corte di Cassazione, 10/08/2007, n. 17645; Corte di Cassazione, 13/10/2011, n. 21161).
In altri termini, gli Ermellini hanno ribadito il principio più volte espresso, secondo il quale l’impugnazione delle sentenze di separazione è soggetta al rito camerale e, pertanto la stessa va introdotta con ricorso e non con atto di citazione.
Nulla, però, vieta che l’impugnativa possa essere instaurata con l’atto di citazione, ma il deposito in cancelleria di quest’ultimo deve avvenire nel termine perentorio fissato dalla legge e quindi, nel caso di specie, l’appellante avrebbe dovuto non solo notificare l’atto di citazione ma anche depositarlo nella cancelleria con l’iscrizione al ruolo entro il termine dei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata.