Risarcimento danni da fauna selvatica: l'onere della prova a carico del danneggiato

Con l'ordinanza 25987, pubblicata il 24 settembre 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa alla prova che deve essere fornita dal proprietario di un autoveicolo al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dall'impatto con un animale selvatico.

Martedi 30 Settembre 2025

IL CASO: La vicenda trae origine dall'azione promossa da una signora la quale conveniva innanzi al Giudice di Pace la Regione Marche al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura a seguito della collisione con un animale selvatico (cinghiale), avvenuta su una strada provinciale.

All'esito del giudizio, il Giudice di Pace dava ragione all'attore accogliendo la sua domanda, che veniva, invece, rigettata dal Tribunale, quale giudice di appello adito dalla Regione.

Stante l’esito contrastante dei giudizi di merito, della questione veniva investita la Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dall'originario attore, il quale deduceva, tra i motivi del gravame, l’erroneità della decisione del Tribunale per aver ritenuto non superata la presunzione in capo al ricorrente e, quindi, di non aver soddisfatto l'onere probatorio sullo stesso gravante.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione la quale ha richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale degli stessi giudici di legittimità secondo cui i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 del Codice civile, in quanto da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull'utilizzazione dell'animale e, dall'altro lato, le specie selvatiche protette ai sensi della legge n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema.

Nel decidere, gli Ermellini hanno osservato che:

  1. in materia di danni da fauna selvatica a norma dell'art. 2052 del Codice civile, l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo grava sul danneggiato, incombe, invece, sulla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure - concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell'ambiente e dell'ecosistema - di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi;

  2. nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli ed animali selvatici, non può ritenersi sufficiente, ai fini dell'applicabilità del criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2052 del Codice civile, la sola dimostrazione della presenza dell'animale sulla carreggiata e neanche che si sia verificato l'impatto tra l'animale ed il veicolo, in quanto, al danneggiato spetta di provare che la condotta dell'animale sia stata la "causa" del danno e ai sensi dell'art. 2054 del Codice civile in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo è comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno;

  3. il danneggiato per ottenere l'integrale risarcimento del danno che allega di aver subito - dovrà anche allegare e dimostrare l'esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che la condotta dell'animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui - nonostante ogni cautela - non sarebbe stato comunque possibile evitare l'impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno.

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