I rimedi esperibili avverso il precetto per la mancata notifica del titolo esecutivo

Con l’ordinanza n. 21348/2025, pubblicata il 25 luglio 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui rimedi esperibili da parte del debitore avverso la notifica di un atto di precetto tutte le volte in cui l'intimante non abbia preventivamente o contestualmente notificato il relativo titolo esecutivo.

Martedi 16 Settembre 2025

IL CASO: La vicenda esaminata nasce da un atto di precetto notificato da un avvocato per il recupero di compensi professionali sulla scorta di due distinti titoli esecutivi rappresentati il primo da una sentenza emessa dal Tribunale, già notificata, la quale prevedeva la distrazione delle spese in suo favore, il secondo da una sentenza della Corte d’Appello con la quale la controparte era stata condannata al pagamento delle spese processuali in favore della parte assistita, senza la distrazione delle spese in favore del difensore. Tale sentenza veniva notificata contestualmente al precetto.

Avverso il precetto, la debitrice proponeva opposizione cumulativa ex artt. 615 e 617 c.p.c., deducendo la nullità dell’intimazione per la mancata notifica del primo titolo esecutivo da parte del legale in proprio e la carenza di quest’ultimo del diritto di agire esecutivamente per le somme liquidate nel secondo titolo in favore della sua cliente, che non indicava alcuna distrazione in suo favore.

Nel difendersi, il legale intimante dava atto della costituzione nel giudizio della sua assistita la quale ratificava il suo operato in merito alla richiesta delle spese processuali liquidate con la sentenza della Corte d'Appello e in subordine, nel caso in cui la ratifica fosse stata reputata inammissibile dichiarava di rinunciare al precetto.

L’opposizione veniva accolta dal Tribunale il quale dichiarava la nullità del precetto. Essendo stata la decisione di primo grado confermata dalla Corte di Appello, il legale, originario intimante, investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo, tra i vari motivi dell’impugnazione, l’erroneità della decisione dei giudici di secondo grado per non aver tenuto conto del fatto che la sentenza del Tribunale sulla base della quale era stato intimato il pagamento di una parte delle somme precettate, era già ben conosciuta dalla debitrice sia per averla in precedenza formalmente impugnata sia perché le era stata già stata notificata, con la conseguenza che, oltre alla tardività delle eccezioni formulate dall'opponente, eventuali nullità della notifica del titolo si erano sanate ex lege.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto pregiudiziale e dirimente la questione relativa alla qualificazione giuridica del vizio dedotto dal legale ricorrente.

La doglianza relativa alla mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo che ai sensi dell’art. 479 c.p.c., quando non sia dalla legge disposto altrimenti, deve precedere il compimento del primo atto di esecuzione, hanno osservato gli Ermellini, non incide sul diritto di procedere all’esecuzione ma determina solo l'invalidità degli atti logicamente successivi. La sua deduzione integra opposizione agli atti esecutivi, nonostante la diversa prospettazione della parte, con la conseguenza che la sentenza che decide l'opposizione proposta contro il precetto in quanto non preceduto o accompagnato dalla notificazione del titolo esecutivo è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost. e non con l'appello.

Pertanto, hanno concluso sul punto, il legale, originario intimante, non avrebbe potuto impugnare con l'appello la decisione del Tribunale di rigetto dell’opposizione al precetto e, dunque, il primo motivo non va esaminato, ma si deve cassare senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello nella parte in cui, anziché dichiarare inammissibile l'impugnazione, ha pronunciato sul merito.

Relativamente alla sostenuta ratifica dell’operato del legale, effettuata dalla cliente con la costituzione nel giudizio di opposizione al precetto e, quindi sulla legittimazione del legale a pretendere le somme liquidate in favore della cliente, senza la distrazione, la Cassazione nel respingerla, ritenendola destituita di fondamento, ha chiarito che la ratifica può sanare, con efficacia retroattiva, un atto compiuto da un falsus procurator, ossia da un soggetto che ha agito in nome e per conto di un altro (il dominus) senza averne i poteri. In tale scenario, la ratifica del dominus rende l'atto efficace come se il potere rappresentativo fosse esistito fin dall'inizio.

Il caso di specie è radicalmente diverso. L'avvocato non ha agito in nome e per conto della sua cliente, ma in proprio, intimando il pagamento di un credito di cui non era titolare. Il diritto di agire esecutivamente apparteneva esclusivamente alla sua assistita.

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