Procedura fallimentare e computo del termine per l'azione risarcitoria ex legge Pinto

Ai fini del riconoscimento dell’indennità risarcitoria prevista dalla legge Pinto, il termine per il computo della ragionevole durata di una procedura fallimentare decorre dalla data di ammissione al passivo del credito e non dalla data del deposito della domanda di ammissione.

Giovedi 6 Settembre 2018

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21200/2018, pubblicata il 27 agosto scorso.

IL CASO: La vicenda esaminata dai Giudici di legittimità trae origine dal ricorso promosso dal Ministero della Giustizia avverso il decreto con il quale la Corte di Appello aveva riconosciuto ad alcuni lavoratori il diritto all’equa riparazione a causa della non ragionevole durata della procedura fallimentare della società dove gli stessi avevano lavorato. Secondo la Corte territoriale, il dies a quo ai fini del calcolo per il riconoscimento dell’indennità è quello del deposito dell’istanza di ammissione al passivo per il soddisfacimento del credito, mentre il dies a quem è quello del ricorso per l’equa riparazione.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto non corretto il ragionamento seguito dalla Corte di Appello e nell’accogliere il ricorso promosso dal Ministero della Giustizia, ha osservato che:

  1. “In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la nozione di procedimento presa in considerazione dall’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali include anche i procedimenti fallimentari”(Cass n. 950 del 2011);

  2. Solo dal momento dell’ammissione, i creditori, effettivamente riconosciuti come tali, subiscono gli effetti della irragionevole durata dell’esecuzione fallimentare nella quale si sono insinuati, rimanendo, per gli stessi, irrilevante, la durata pregressa della procedura, alla quale sonno rimasti, fino a quel momento, estranei, salvo che per gli accantonamenti nei riparti parziali, a norma dell’art. 113 l fall, i quali, tuttavia, richiedono o una misura cautelare in sede di opposizione ovvero l’accoglimento dell’opposizione con decreto non ancora definitivo.

Gli Ermellini hanno, altresì, dato atto dell’esistenza di altre decisioni degli stessi giudici di legittimità che si sono espresse in senso contrario. Infatti in alcune di esse, i giudici di legittimità ai fini del calcolo hanno dato rilievo, rispetto alla procedura di fallimento, alla domanda di ammissione al passivo (Cass n. 2207 del 2010; Cass n. 20732 del 2011; Cass n. 2013 del 2017), mentre in un’altra decisione hanno dato rilievo al medesimo fine, alla sentenza dichiarativa di fallimento (Cass n. 22422 del 2013).

Allegato:

Cassazione civile Sez. II, Ordinanza n. 21200 del 27/08/2018

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