Il Tribunale di Catania -sez. Lavoro- con ordinanza del 27.06.2017, ha stabilito la piena efficacia del licenziamento di un dipendente tramite messaggio WhatsApp.
Nel provvedimento, il Giudice ha ritenuto che questo particolare tipo di messaggio ben potesse essere assimilato ad un documento informatico in grado di identificare precisamente le parti (mittente/datore di lavoro e destinatario/lavoratore); di fornire una prova certa (al pari di una PEC o di una raccomandata) dell’avvenuto invio e ricezione del messaggio dato dalle ormai famose e conosciute “doppie spunte grigie” che diventano “doppie spunte blu” all’effettiva lettura dello stesso; stabilire con precisione data ed orario dello stesso, al pari di qualsiasi altro strumento formale di comunicazione.
Già precedentemente la Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 6447/2009 e n. 17652/2007) aveva stabilito che non sussiste nessun onere di adoperare precise formule sacramentali per l’intimazione del licenziamento purché questo -ai sensi dell’art. 2 L. 604/1966- avvenisse in forma scritta e contenesse la chiara volontà del datore di lavoro di interrompere il rapporto di lavoro.
Più recentemente, anche la Corte d’Appello di Firenze nel 2016 aveva riconosciuto la piena legittimità del licenziamento intimato a mezzo SMS, ritenendo che tale forma fosse assimilabile ad un telegramma dettato per telefono.