Con l’ordinanza n. 30639, pubblicata il 20 novembre 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulle modalità e i termini, nell'ambito delle procedure di liquidazione giudiziale (ex fallimento), per la richiesta di ammissione del credito al passivo in via privilegiata.
| Venerdi 12 Dicembre 2025 |
IL CASO: L'Agenzia delle Entrate-Riscossione depositava l'istanza di ammissione al passivo in una procedura fallimentare, chiedendo il riconoscimento del privilegio per una parte del proprio credito ed invocando, a tal fine, l'art. 24, comma 33, della L. n. 449/1997 e l'art. 2777 del Codice civile.
A seguito delle eccezioni del curatore in merito alla sussistenza dei presupposti necessari per il riconoscimento del privilegio, il giudice delegato ammetteva il credito dell'amministrazione finanziaria in chirografo, rilevando che un diverso e ulteriore titolo di privilegio (basato sull'art. 8-bis della L. n. 33/2015) era stato richiesto da quest’ultima la prima volta solo con le osservazioni al progetto dello stato passivo.
Avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, l'Amministrazione finanziaria proponeva opposizione, insistendo per il riconoscimento del privilegio e specificando ulteriormente le norme a fondamento della sua pretesa (art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/1998 e art. 8-bis, comma 3, L. n. 33/2015). Deduceva che si trattava delle somme iscritte a ruolo in forza dell'avvenuta escussione del Fondo di Garanzia, istituito con l'art. 2, comma 100, lett. a), della L. n. 662/1996.
L'opposizione veniva rigettata dal Tribunale il quale riteneva tardiva la richiesta del nuovo titolo di privilegio, qualificandola come una mutatio libelli, in quanto l'indicazione del titolo di prelazione costituisce un elemento essenziale della causa petendi della domanda di ammissione, ai sensi dell'art. 93 della Legge Fallimentare.
L'omissione o l’assoluta incertezza nell'istanza di ammissione al passivo, osservava il giudice di merito, determina la collocazione del credito in chirografo. Di conseguenza, la domanda di insinuazione al passivo presentata senza la specifica richiesta del privilegio non può essere integrata con le osservazioni al progetto di stato passivo, configurandosi la stessa come un'inammissibile mutatio libelli.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, rimasta soccombente, investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo con un unico motivo del ricorso, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1 e 9 del D.Lgs. n. 123/1998, dell'art. 1203 c.c. e degli artt. 93 ss. L.Fall., oltre che degli artt. 8-bis, comma 3, della L. n. 33/2015 e 24, comma 33, della L. n. 449/1999.
L'amministrazione riteneva il decreto del Tribunale errato non avendo, quest'ultimo, considerato che, in realtà, con le osservazioni al progetto di stato passivo, ci si era limitato a precisare il privilegio invocato e ad indicare la normativa applicabile, senza apportare alcuna modificazione alla domanda di ammissione proposta tale da comportare una nuova causa petendi e un nuovo petitum.
LA DECISIONE: Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione che ha ribadito il principio di immutabilità della domanda di insinuazione al passivo, delineando i confini invalicabili tra una mera precisazione della pretesa e una inammissibile mutatio libelli.
Il fulcro della decisione risiede nell'aver l'Agenzia delle Entrate-Riscossione omesso di confrontarsi con la ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Il Tribunale, ha osservato la Cassazione, non si e’ limitato a constatare la tardività della richiesta, ma ha specificato che l'Agenzia, solo in sede di osservazioni, aveva "dedotto compiutamente il relativo 'titolo costitutivo'.
Con la decisione in commento, gli Ermellini hanno colto l'occasione per riaffermare il suo consolidato orientamento in materia circa l'immutabilità della domanda di ammissione al passivo. Sebbene, tramite le osservazioni al progetto dello stato passivo la domanda di ammissione può essere precisata, la stessa non può, invece, essere oggetto di una mutatio attraverso un ampliamento del petitum o una variazione della causa petendi.
Il punto cruciale del ragionamento della Corte è la qualificazione della richiesta di privilegio come parte integrante della causa petendi.
I giudici di legittimità spiegano in modo analitico che: “non esiste nel nostro ordinamento una generale qualificazione dei crediti privilegiati fondata su un unico presupposto, ma esistono tanti privilegi quante sono le situazioni dalla legge qualificate come tali, ciascuna delle quali ancorate ad un determinato presupposto di fatto, costituente il campo di indagine necessario per il riconoscimento del singolo titolo di prelazione richiesto”.
Di conseguenza, l'allegazione dei fatti specifici che fondano un determinato privilegio costituisce la causa petendi della domanda volta al suo riconoscimento. Introdurre in un momento successivo (come nelle osservazioni al progetto di stato passivo) un nuovo titolo di privilegio, basato su presupposti di fatto e di diritto diversi da quelli originariamente dedotti, significa introdurre "un campo di indagine di fatto del tutto nuovo", che altera la domanda rendendola inammissibile.
Come affermato dalla stessa Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22806 del 7 agosto 2025, il potere del creditore di determinare la causa petendi e il petitum si "consuma" con il deposito della domanda di ammissione, e gli spazi per una successiva modifica sono "oltremodo esigui".
La decisione della Corte si ancora saldamente al dettato normativo dell'art. 93 L. Fall. (ora art. 201 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza). Tale norma impone che il ricorso per l'ammissione al passivo contenga, tra l'altro, "l'eventuale indicazione del titolo di prelazione".
La giurisprudenza è costante nel ritenere che tale indicazione debba essere specifica e completa, non potendo essere generica o incerta. La sanzione per l'omissione o l'assoluta incertezza di tale indicazione è drastica: l'art. 93, comma 4, L. Fall. stabilisceche "il credito è considerato chirografario" e non sono ammesse sanatorie successive.
Una domanda di ammissione al passivo presentata senza la specifica deduzione del fatto attributivo del privilegio non può essere integrata con un atto successivo al deposito del progetto di stato passivo da parte del curatore, come le osservazioni scritte, presentate dal creditore istante ai sensi dell'art. 95, comma 2, L.Fall., configurandosi tale richiesta come un'inammissibile mutatio libelli.
La specifica indicazione dei titoli di prelazione fin dall'inizio consente agli altri creditori, che ne sarebbero svantaggiati, di "valutarli attentamente, e quindi di potersi opporre ad insinuazioni non fondate".
La ratio di questa rigorosa previsione è quella di garantire la stabilità e la celerità della procedura di accertamento del passivo, nonché di tutelare il contraddittorio con il curatore e gli altri creditori.
In conclusione, la Cassazione conferma i seguenti principi:
1. La domanda di ammissione al passivo, una volta presentata, non può essere modificata nei suoi elementi costitutivi (petitum e causa petendi);
2. La richiesta di un privilegio, con l'allegazione dei fatti e delle norme che lo fondano, è parte integrante della causa petendi. La modifica del titolo di privilegio costituisce una inammissibile mutatio libelli;
3.Le osservazioni al progetto di stato passivo (art. 95 L. Fall.) possono servire a precisare la domanda, ma non a integrarla con nuovi titoli di prelazione;
4.Il creditore ha l'onere di indicare in modo specifico e completo, sin dalla domanda di ammissione, i fatti e le norme a fondamento del privilegio richiesto, pena la collocazione del credito in chirografo.