Licenziamento disciplinare e diritto alle ferie nelle societa’ pubbliche

Avv. Domenico Bucciarelli.
Sabato 5 Maggio 2018

Occorre ricordare come, la Corte Costituzionale recentemente investita della questione di costituzionale sul Dl 95/2012 convertito dalla legge 135/2012 che, in piena spending review, ha vietato la monetizzazione delle ferie maturate e non godute dai dipendenti pubblici, ne ha dichiarato la piena legittimità costituzionale nei termini che seguono.

La Corte Costituzionale (sentenza 95/2016)) interviene con una sentenza interpretativa di rigetto per esaminare la questione delle "ferie non godute" nell'ambito del pubblico impiego, disciplina prevista dall'articolo 5, comma 8, del Dl 95/2012; in base a questa norma, le ferie maturate e non godute all'atto della cessazione del rapporto non danno luogo alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi, con l'ulteriore previsione che la violazione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare e amministrativa per il dirigente responsabile.

Prima di tutto occorre precisare che le decisioni interpretative di rigetto rappresentino la prima tipologia di decisioni creata dalla Corte per sottrarsi all'alternativa secca tra fondatezza e infondatezza. Con queste decisioni, infatti, la Corte giunge sì a una dichiarazione di infondatezza, ma fornisce allo stesso tempo un'interpretazione della disposizione impugnata idonea a salvarla dall'incostituzionalità. In altre parole, la questione può essere ritenuta infondata a condizione che della disposizione oggetto del dubbio di costituzionalità sia data l'interpretazione individuata dalla Corte nella sua decisione.

La Corte Costituzionale riconosce il diritto alle ferie quale strumento finalizzato a reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore e a consentirgli lo svolgimento di attività ricreative e culturali, nell'ottica di un equilibrato «contemperamento delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore». Anche la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha rafforzato i connotati di questo diritto fondamentale del lavoratore e ne ha ribadito la natura inderogabile, in quanto finalizzato a «una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute»; questo diritto sarebbe certamente violato se la cessazione dal servizio annullasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie qualora lo stesso diritto sia stato compromesso dalla malattia o comunque da altra causa che non possa essere imputabile al lavoratore.

In definitiva, per la Corte Costituzionale, seppur la questione di legittimità debba essere rigettata in presenza di una lettura costituzionalmente orientata della norma, il principio interpretativo che si ricava è quello per il quale nell'ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi vanno obbligatoriamente goduti secondo le previsioni dei rispettivi ordinamenti.

La Corte Costituzionale ricorda anche come la prassi amministrativa e la magistratura contabile convergono nell'escludere dall'ambito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro. La Corte Costituzionale indica i casi di esclusione della monetizzazione anche nella cessazione del rapporto di lavoro riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione), o a eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie.

Questa interpretazione si colloca, peraltro, nel solco tracciato dalle pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, che riconoscono al lavoratore il diritto di beneficiare di un'indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti una previsione negoziale esplicita che consacri tale diritto, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di "monetizzare" le ferie (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 ottobre 2000, n. 13860; Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 8 ottobre 2010, n. 7360).

Occorre da ultimo richiamare la sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. X, sentenza 20/07/2016 n° C-341/15.

L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che priva del diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute il lavoratore il cui rapporto di lavoro è cessato a seguito della sua domanda di pensionamento e che non è stato in grado di usufruire del suo diritto alle ferie prima della fine di tale rapporto di lavoro. Così si è espressa la Corte di Giustizia Europea, nell’ambito di una controversia tra un cittadino viennese e la direzione dell’amministrazione comunale della città di Vienna, suo datore di lavoro, in merito all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute dall’interessato prima della fine del suo rapporto di lavoro. Nella specifico, il giudice del rinvio ha chiesto se l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 “debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che priva del diritto all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute il lavoratore che, a seguito della sua domanda di pensionamento, ha posto fine al suo rapporto di lavoro e che non sia stato in grado di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione di tale rapporto di lavoro”.

Quando è cessato il rapporto di lavoro e allorché, pertanto, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, l’articolo 7, al paragrafo 2, prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto.

La norma, peraltro, nell’interpretazione della Corte, “non assoggetta il diritto ad un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato”.

Ne consegue una lettura restrittiva della norma, nel senso che un lavoratore che non sia stato posto in grado di usufruire di tutte le ferie retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto ad un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato.

Tali argomentazioni, sono rafforzate da consolidato orientamento giurisprudenziale.

Per il solo fatto che in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore la relativa indennità sostitutiva, la cui funzione è quella di compensare il danno costituito dalla perdita del bene al cui soddisfacimento è destinato l’istituto delle ferie”. (fra le tante Cass. 4/7/2013 n. 16735; Cass. 09.07.2012 n. 11462, etc.)

Il mancato godimento delle ferie, non imputabile al pubblico dipendente, non preclude di per sé l'insorgenza del diritto alla percezione del compenso sostitutivo; in quanto tale è diritto che non riceve compressione in presenza di causa esonerativa dall'effettività del servizio diversa da quelle previste dal D.L. n. 95 del 2012 convertito in L. n. 135 del 2012.

In ogni caso dalla lettura della stessa Legge n. 92/2012 emerge che tutte le vicende indipendenti dalla sua volontà o da quella organizzativa del datore di lavoro fanno salvo il diritto alla monetizzazione che, in caso contrario, comporterebbe una preclusione ingiustificata ed irragionevole per il lavoratore.

In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza della Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Vall D'Aosta, che con il parere del 12 novembre 2013 ha precisato in ordine all'art. 5, comma 8, D.L. n. 95 del 2012, che vanno escluse dal divieto previsto dalla norma indicata le ipotesi in cui il rapporto lavorativo cessa in maniera anomala e non prevedibile e quelle in cui la mancata fruizione delle ferie non è imputabile alla carente capacità di programmazione e controllo dell'Amministrazione o alla volontà del dipendente.

In tali casi è, difatti, ammessa la monetizzazione, seppur alle condizioni che regolano la fruizione delle ferie ed il pagamento sostitutivo di quelle non godute.

Avv. Domenico Bucciarelli

(Ufficio Legale TUA SpA)



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