Legge Bavaglio alla Giustizia Mediatica per Imputati e Vittime di Errori Giudiziari

Sabato 17 Febbraio 2024

Il Disegno di Legge recante "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea- Legge di delegazione europea 2022-2023" (A.C. 1342), approvato dalla Camera sul testo risultante dalle proposte emendative,ha suscitato numerose polemiche tra i giornalisti contrari alla c.d “Legge Bavaglio”.

Il DDL è stato approvato anche dal Senato il 14 Febbraio includendo la “norma Costa” per vietare di pubblicare l’atto di partenza di un’inchiesta giudiziaria, l’ordinanza di custodia cautelare.

La norma,in sintesi,concerne il divieto di pubblicazione sulla stampa delle ordinanze di custodia cautelare emesse dai Tribunali.

La legge di delegazione europea è uno dei due strumenti di adeguamento all'Ordinamento dell'Unione europea introdotti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche emana te dall'Unione europea

a- la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea;

b la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con partico lare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea. Ai sensi dell'articolo 29, comma 7 della Legge,il Governo deve inoltre dare conto dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è scaduto o scade nel periodo di riferimento e fornire dati sullo stato delle procedure di infrazione, l'elenco delle direttive recepite o da recepire in via amministra tiva, l'elenco delle direttive recepite con regolamento e l'elenco dei provvedimenti con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a recepire direttive nelle materie di loro competenza.

Tutte queste informazioni sono contenute nella articolata ed estesa relazione illustrativa che precede il testo del disegno di legge.

Ciò premesso, i deputati della Camera, con 160 voti favorevoli e 70 contrari, hanno licenziato l’emendamento presentato alla legge di delegazione europea dal Deputato Enrico Costa,nel testo riformulato dal Governo, che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare.

Nella versione iniziale,che aveva diviso la maggioranza, era stato previsto il “divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare” fino alla conclusione delle indagini o dell’udienza preliminare.

Invece nella riformulazione approvata su proposta dal Governo, il divieto di pubblicazione“integrale o per estratto”riguarderebbe l’intero contenuto dell’ordinanza custodiale, a tutela dell’onore e della reputazione dell’imputato, nonostante il principio di inammissibilità di misure cautelari equivalenti al sequestro della stampa previsto dall’art. 21 III comma della Costituzione.

Tale principio era stato, di recente,ribadito dal Tribunale di Milano con Ordinanza del 25 Gennaio 2018, dopo la sentenza n. 23469/16 delle Sezioni Unite Civili della Cassazione che aveva affrontato,in maniera puntuale ed approfondita,il problema dell’’ammissibilità e del contenuto della tutela cautelare dell’onore e della reputazione dei soggetti lesi da articoli di stampa ritenuti diffamatori.

La pronuncia del Tribunale traeva origine dall’azione cautelare intrapresa nei confronti dell’Editore di un noto settimanale online al fine di inibire l’ulteriore pubblicazione e diffusione, con qualunque mezzo, dell’articolo pubblicato online il cui contenuto veniva considerato altamente lesivo della immagine e reputazione professionale di due legali.

La prima fase cautelare si concludeva con un’ordinanza di inammissibilità della istanza proposta in conformità al principio sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali n.31022/2015,che aveva esteso all’ambito civilistico il principio in forza del quale “la tutela costituzionale assicurata alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico qualora possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico diffuso su supporto cartaceo”.

Pertanto, secondo il Tribunale, appellandosi alla libertà di stampa,aveva affermato che,nel caso in cui sia stato dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi contenute,il giornale pubblicato,in via esclusiva o meno,con mezzo telematico,non poteva divenire oggetto,in tutto o in parte, di un provvedimento di sequestro cautelare che ne impedisca o limiti la diffusione,ferma restando la tutela prevista in tema di protezione dei dati personali.

I ricorrenti proponevano, quindi, reclamo in base all’erronea qualificazione, da parte del Tribunale, dell’azione proposta,che, nella prospettazione dei ricorrenti, aveva ad oggetto anche un’ipotesi di illecita pubblicazione dei dati personali degli interessati a cui erano state associate informazioni false bell’articolo incriminato. Il Tribunale Collegiale,investito del reclamo inoltrato dai ricorrenti,in parziale difformità rispetto a quanto affermato dal giudice della prima fase cautelare,ha ritenuto il reclamo ammissibile, ma non meritevole di accoglimento nel merito.

Per comprendere l’importanza della delicata questione è necessario,tuttavia, prendere le mosse dal principio giurisprudenziale sancito dalle sentenze delle Sezioni Unite innanzi citate,secondo cui la tutela costituzionale assicurata dall’art. 21 III comma Cost. è tale da impedire la possibilità di concedere misure cautelari che determinino, in concreto, effetti equivalenti al sequestro della stampa.

In conseguenza, secondo il Collegio,occorre individuare eventuali aree di ammissibilità dello strumento cautelare idoneo ad assicurare una tutela d’urgenza in presenza di notizie ed informazioni ritenute lesive dell’onore e della reputazione, nell’ambito del conflitto tra il diritto fondamentale all’onore e alla reputazione e la libertà di stampa.

Un conflitto che, in forza del divieto di sequestro dei giornali di cui all’art. 21 III comma Cost.,in base al quale“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. vedrebbe il primo cedere il passo alla libertà di stampa rispetto al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale dell’onore e della reputazione.

In assenza di una tutela cautelare effettiva ed in considerazione del carattere diffusivo del mezzo di comunicazione telematico nonché dell’idoneità dello stesso a causare danni potenzialmente irreparabili,si imporrebbe all’interessato di rimandare la tutela del proprio diritto fondamentale all’onore e alla reputazione ad una fase (quella di merito) in cui gli effetti dannosi dell’illecito si sarebbero oramai irreversibilmente prodotti e consolidati.

A sostegno di tale assunto occorre fare riferimento alle numerose disposizioni costituzionali (artt. 2,3, 24,113 Cost.) e sovranazionali (art. 19 TUE, art. 8 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, l’art. 13 CEDU e l’art. 47 della Carta europea dei diritti fondamentali),nonché alla giurisprudenza costituzionale che ha espressamente riconosciuto che il Diritto alla tutela giurisdizionale “è tra quelli inviolabili dell’uomo” e che “l’azione in giudizio per la difesa dei propri diritti (…) è essa stessa il contenuto di un diritto, protetto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione e da annoverarsi tra quelli inviolabili e caratterizzanti lo stato democratico di diritto” (cfr. sent. n. 26/1999, nonché 29/2003, n. 386/2004 e n. 120/2014 della Corte Costituzionale).

In conseguenza risulta necessario valorizzare, unitamente al principio di effettività dei diritti e della loro tutela, il principio di proporzionalità che deve essere sempre applicato nel giudizio di bilanciamento tra diritti di rango costituzionale in ipotesi di loro potenziale conflitto.

Non esistono diritti fondamentali assoluti, dal momento che,come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 85/2013,“Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre “sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” (v. anche sent. n. 264 del 2012)

Orbene la portata innovativa ed importante dell’Ordinanza Collegiale di Milano risiede proprio nell’aver analizzato il conflitto tra diritto all’onore e alla reputazione e la libertà di stampa attraverso la lente del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e del principio di proporzionalità ed adeguatezza per garantire al soggetto un ambito di operatività della tutela cautelare del diritto fondamentale all’onore e alla reputazione, senza porsi in conflitto con il divieto posto dall’art. 21 III comma Cost.

Osserva, infatti, il Collegio che, “mentre un provvedimento volto ad impedire la diffusione e la permanenza della pubblicazione contenente le notizie ritenute diffamatorie avrebbe (avuto) un effetto corrispondente a quello del sequestro”, in violazione, dunque, del divieto posto dall’art. 21 III comma Cost.,un rimedio idoneo a comporre tale conflitto consentendo allo stesso tempo di garantire il rispetto del principio di effettività e di proporzionalità della tutela giurisdizionale sarebbe quello della richiesta,in via d’urgenza,di un“aggiornamento” della notizia contenente le precisazioni e le contestazioni dei diretti interessati

Tale strumento di tutela potrebbe essere, infatti, assimilato all’esercizio del diritto di rettifica disciplinato dall’art. 8 della L. n. 47/1948 e, in quanto tale, compatibile con l’attenuata tutela cautelare di cui godono l’onore e la reputazione rispetto alla libertà di stampa.

Sta di fatto che la richiesta di rettifica in via d’urgenza della notizia lesiva,dopo la sua pubblicazione,non determina alcuna limitazione alla formazione dell’opinione pubblica (come invece si avrebbe con strumenti volti a inibire la pubblicazione e diffusione),ma, al contrario,consente di informare su quanto riguardi un soggetto con grave pregiudizio dei suoi interessi.

Nondimeno,il Collegio,pur ammettendo l’ammissibilità di un’azione volta ad ottene re l’aggiornamento della notizia pubblicata da un settimanale telematico, ha,tuttavia, rigettato il ricorso poiché l’Editore aveva già prontamente provveduto ad inserire nell’articolo in questione un link contenente le lettere di precisazioni e spiegazioni inviate dai ricorrenti.

In conclusione l’Ordinanza citata ha avuto il pregio di contribuire a chiarire alcuni dubbi in termini di applicazione pratica venutisi a creare a seguito dell’affermazione, da parte delle sentenze delle Sezioni Unite sopra citate,del principio della inammissibilità dello strumento cautelare volto a inibire la pubblicazione e la diffusione da parte di una testata giornalistica telematica di articoli ritenuti diffamatori.

In base ai medesimi principi viene contestata dai Giornalisti la nuova norma del Parlamento sul delicato argomento.

Sta di fatto che con l’emendamento del Deputato Costa alla legge di delegazione europea che modifica il codice di procedura penale e introduce il divieto di pubblicazione "integrale o per estratto" del testo dell'ordinanza di custodia cautelare,la c.d. Legge Bavaglio si intende porre,semplicemente,un freno alla pubblicazione di articoli che possano ledere l’onore e la dignità professionale dei destinatari di ordinanze cautelari,in spregio al principio di innocenza contemplato dall’art.27 della Cost che spesso causano gravi conseguenze sui rapporti professionali e familiari,specie per le Vittime di errori giudiziari nei procedimenti che si concludono,successivamente,con l’assoluzione.

La statistica degli errori commessi in questi ultimi anni dai Magistrati la dice lunga anche sul costo dei risarcimenti per le Vittime sempre pià oneroso per il Paese..

Ne costituisce un esempio palmare, ma non l’unico,quello del caso Tortora, giornalista arrestato e condotto in carcere prima di poter dimostrare la sua estraneità ai gravi fatti contestati ed assolto.

Pertanto,la norma,ribattezzata ‘Legge Bavaglio' perché di fatto impedirà la pubblicazione delle Ordinanze con cui i Giudici formalizzano, su richiesta dei P.M., una misura cautelare,che contiene diverse informazioni sulla vicenda giudiziaria,fino alla conclusione delle indagini o dell'udienza preliminare,è stata approvata dopo che il Parlamentare aveva recepito la riformulazione proposta dal Governo laddove si parla di divieto di pubblicazione "integrale o per estratto" del testo dell'ordinanza.

L’Ordinanza potrà essere pubblicabile dai giornali solo dopo l’inizio del processo. La norma serve a dare attuazione alla Direttiva UE sulla presunzione di innocenza. ma si tratta di un cambiamento storico che avrà un impatto sul racconto delle vicende giudiziarie da parte dei media che genera una c.d. Giustizia Mediatica, ossia la formazione di una opinione spesso non supportata da elementi di fatto o di diritto, prima ancora della eventuale ondanna o assoluzione dell’imputato.

Ne sono testimonianza i processi mediatici condotti sulle principali reti televisive, divenuti oggetto di un morboso intreresse per gli ascoltatori a partire dal caso Cogne.

La nuova norma delega il Governo a “modificare l'articolo 114 del codice di procedura penale (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini) prevedendo,nel rispetto dell'articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della Costituzione, il divieto di pubblicazione dell'Ordinan za di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini prelimi nari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare,in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della Direttiva Ue 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016”.

Pertanto,i cittadini non potranno più essere informati su alcuni dettagli rilevanti, dal momento che nel testo dell'ordinanza figurano in genere arresti,interrogatori, intercettazioni, perquisizioni disposte dai pubblici ministeri.

In pratica tutta la cronistoria di un caso giudiziario oggetto di una successiva decisione..

Non va,comunque, dimenticato il c.d. diritto all’oblio,introdotto dalla Riforma Carbabia, con l’art.64-ter del Codice di procedura penale che prevede che una persona assolta, ovvero nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di archiviazione del procedi mento a suo carico,possa richiedere un’annotazione nella sentenza che disponga espressamente la deindicizzazione dei propri dati personali dalle pagine WEB.

Infatti, il c.d. diritto all’oblio, previsto dall’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) consiste nella possibilità di ottenere la rimozione delle proprie informazioni personali da siti web,motori di ricerca o altre piattaforme pubbliche o private ogni qual volta sussista no determinati presupposti,con l’ulteriore garanzia che tali informazioni non vengano nuovamente trattate in danno dell’interessato.

Tuttavia tale norma opera solo “a posteriori” dispetto al procedimento a carico del malcapitato. Mentre la nuova disposizione approvata dal Parlamento è diretta ad evitare una lesione alla sua onorabilità con la pubblicazione di informazioni sul procedimento ancora da celebrare e che potrebbe concludersi con l’assoluzione, come nel caso Tortora..

Dal 2019,grazie alla legge dell'allora Ministro della Giustizia,Andrea Orlando, sulle intercettazioni,che aveva eliminato i precedenti divieti,quegli atti erano pubblici.

Ora è arrivato finalmente un cambio di rotta nell’interesse di imputati e Parti Lese.

Non si conoscono, e probabilmente sarà il Governo a stabilirlo, quali saranno le sanzioni previste per chi violerà il divieto, multe o anche l’arresto.

Dopo l' approvazione della Camera la norma dovrà ottenere anche il via dal Senato prima di divenire definitiva ed essere applicata.

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