Il gestore del ristorante ha l'obbligo di garantire l'incolumita' dell'avventore.

A cura della Redazione.

La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 9997/2020 si pronuncia in tema di responsabilità contrattuale del gestore di un ristorante per i danni subiti da un cliente all'interno del locale.

Mercoledi 19 Agosto 2020

Il caso: Tizio e Caia,  in proprio e quali genitori esercenti la potesta' genitoriale sulla figlia minore, convenivano dinanzi al Tribunale di Roma, sezione di Ostia, Sempronio, esponendo che la propria figlia minore, mentre si trovava all'interno del ristorante gestito dal convenuto, subiva lesioni personali allorche' uno dei camerieri, nel mentre serviva una pizza ancora fumante, la feceva cadere sull'arto superiore della propria figlia, che ne restava ustionata; chiedevano quindi la condanna del convenuto al risarcimento di tutti i danni.

Il Tribunale rigettava la domanda attorea, mentre la Corte d'Appello, in accoglimento del gravame, reputava che il gestore del ristorante dovesse ritenersi responsabile dell'accaduto ai sensi dell'articolo 1218 c.c.. e osservava che:

a) il rovesciamento della pizza sul braccio della minore in effetti era stato cagionato da un caso fortuito e precisamente da un urto improvviso ed imprevedibile, inferto da un avventore alla cameriera intenta al servizio ai tavoli, e che la persona la quale aveva malaccortamente urtato la cameriera era uno dei commensali della danneggiata;

b) tuttavia, dal momento che la vittima ed i suoi commensali costituivano una "comitiva di giovani turbolenta", era per il gestore del ristorante "del tutto prevedibile la possibilita' che la cameriera fosse urtata da uno dei componenti del gruppo, di talche' avrebbero dovuto essere adottate delle adeguate cautele ed attenzioni".

Il gestore del ristorante ricorre in Cassazione, deducendo che:

- la Corte d'appello avrebbe dovuto qualificare la domanda proposta dagli attori come domanda extracontrattuale, ai sensi dell'articolo 2043 c.c., e di conseguenza addossare loro l'onere della prova della colpa e del nesso causale;

- il contratto di ristorazione ha ad oggetto unicamente la fornitura, da parte del ristoratore, delle pietanze e delle bevande; pertanto l'infortunio occorso ad un cliente durante il periodo in cui si trattiene nel ristorante, originato dalla condotta di un altro avventore, non rientrerebbe nel "programma contrattuale" cui si obbliga il ristoratore;

- la Corte d'appello inoltre avrebbe violato le regole che disciplinano l'accertamento del nesso di causa: l'incidente si era verificato perche' la cameriera addetta al servizio ai tavoli era stata urtata da un membro della comitiva cui si accompagnava la vittima, e pertanto il fatto del terzo, integrando gli estremi del caso fortuito, esclude il nesso di causa tra inadempimento e danno.

Per la Corte le prime due doglianze sono infondate: in tema di responsabilità del ristoratore osserva quanto segue:

1) chi accede in un ristorante, stipulando per facta concludentia un contratto rientrante nel genus del contratto d'opera, ha diritto di pretendere dal gestore che sia preservata la sua incolumita' fisica;

2) il contratto di ristorazione, infatti, nella sua struttura socialmente tipica comporta l'obbligo del ristoratore di dare ricetto ed ospitalita' ad all'avventore; in mancanza di questo elemento, non di contratto di ristorazione si dovrebbe parlare, ma di compravendita di cibi preparati o da preparare.

3) nel contratto di ristorazione pertanto, come in quello d'albergo o di trasporto, il creditore della prestazione affida la propria persona alla controparte: e tanto basta per fare sorgere a carico di quest'ultima l'obbligo di garantire l'incolumita' dell'avventore, quale effetto naturale del contratto ex articolo 1374 c.c..

4) tale obbligo discende dall'articolo 32 Cost., norma direttamente applicabile anche nei rapporti tra privati, e sussiste necessariamente in tutti i contratti in cui una delle parti affidi la propria persona all'altra;

La Cassazione, di contro, ritiene fondata la censura relativa al nesso causale nei seguenti termini: sul punto ribadisce che:

a) l'evento fortuito, ma prevedibile od evitabile, non libera l'autore del danno da responsabilita', contrattuale od aquiliana che sia;

b) la prevedibilita' o l'evitabilita' del caso fortuito, quando questo sia costituito dal fatto d'un terzo, non puo' essere presunta in astratto, ma va accertata in concreto; e l'accertamento in concreto di tali circostanze esige che si stabilisca in facto:

  1. se il professionista medio (e dunque, nella specie, il ristoratore "medio", di cui all'articolo 1176 c.c., comma 2), potesse con la diligenza da lui esigibile prevedere quel che sarebbe poi accaduto;

  2. se il professionista medio (e dunque, nella specie, il ristoratore "medio", di cui all'articolo 1176 c.c., comma 2), potesse concretamente adottare condotte diverse, e salvifiche, rispetto a quella effettivamente tenuta.

Nel caso di specie tale accertamento è mancato e pertanto la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione.

Allegato:

Pagina generata in 0.022 secondi