Il diniego dello sgravio richiesto in autotutela costituisce atto impugnabile

Avv. Marco Mecacci.
Giovedi 28 Maggio 2020

Con la sentenza n. 8719 dell’11 maggio 2020 della Sezione Quinta (Presidente Chindemi Rel. Napolitano), la Corte di Cassazione compie un importante passo avanti nella tutela dei diritti del contribuente sottoposto ad esecuzione esattoriale, riconoscendo in modo innovativo rispetto al passato, la sua piena facoltà di ottenere dall’ente impositore la declaratoria di intervenuta prescrizione delle obbligazioni a suo carico, che sia maturata durante il procedimento di esecuzione forzata curato dall’Agente per la Riscossione.

Non è infrequente nella pratica professionale verificare, a seguito di esame di quanto in possesso del contribuente o di accesso agli atti, l’intervenuta prescrizione di ruoli iscritti che risultano estinti per impossibilità di procedere all’espropriazione forzata o perché, comunque, non sussiste la prova della regolare notifica di atti interruttivi. La prescrizione è infatti una causa di estinzione dell’obbligazione che a differenza della decadenza può essere interrotta, ma unicamente con un atto recettizio, che necessita precise formalità, spesso non rispettate.

Eseguita tale verifica, segue l’onere di individuare l’attività che può essere concretamente eseguita.

Una prima forma di assistenza può riguardare l’agente per la Riscossione. A fronte degli atti impositivi promossi da quest’ultimo, infatti, l’art. 1 comma 537 e ss. della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) consente di presentare, entro 60 giorni dalla ricezione, un’istanza con la quale chiedere l’annullamento dei carichi in presenza di alcuni presupposti, limitati a precise ipotesi e non suscettibili di estensione.1 Proposta l’istanza, la riscossione viene sospesa ed i carichi oggetto di domanda di sgravio vengono annullati ove gli enti impositori non rispondano entro il termine perentorio di 220 giorni (c.d. autotutela procedimentalizzata)2.

Accanto al procedimento speciale, non sempre idoneo a dimostrare l’intervenuta prescrizione ed a tutelare efficacemente il cliente, è possibile presentare anche istanza di sgravio con un ricorso in autotutela inoltrato o al concessionario o all’ente impositore creditore del tributo. In questo caso però non viene sospesa l’esecutività della cartella né scatta alcun silenzio assenso in caso di mancato riscontro da parte dell’Amministrazione. Il diritto di richiedere lo sgravio in autotutela costituisce, infatti, un potere espressamente riconosciuto dall’art 7 comma 2 dello Statuto del contribuente3.

La richiesta di sgravio è sicuramente un potere di reazione essenziale per il destinatario dell’azione, tutelato anche dalla possibilità di sollecitare l’attivazione del procedimento di autotutela da parte del Garante del Contribuente4.

La tutela prestata dall’organo di garanzia prevista dallo Statuto è però limitata, poiché l'autorità Garante è dotata unicamente di poteri di moral suasion, che possono concretarsi in richiami, segnalazioni o raccomandazioni, tutti privi di efficacia coercitiva nei confronti dell’esecuzione esattoriale.

Premesso questo e accertata la piena ricorribilità in giudizio a fronte del diniego o della mancata risposta alla richiesta di sospensione della riscossione procedimentalizzata5, occorre chiedersi se e in quale forma sia possibile tutelare il contribuente avverso il diniego o la mancata risposta ad una richiesta di sgravio.

La possibilità di procedere all'impugnazione di un provvedimento di diniego dello sgravio da parte del contribuente è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali e l’approdo cui è giunta la cassazione con la pronuncia in commento fa seguito a molteplici sentenze che hanno distinto, caso per caso, l’ammissibilità o meno dell’azione in base all’oggetto della domanda.

L’evoluzione pretoria ha avuto un andamento troppo complesso per poter essere esaminata integralmente in questa sede; l’esame sarà dunque limitato all’individuazione dei principi generali della materia.

È necessario considerare, in primo luogo, che con la richiesta di sgravio il contribuente non può chiedere all’ente impositore un riesame nel merito della controversia, poiché in tal modo, “si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo” (così, Cass., sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3698).

La mera richiesta di annullamento d’ufficio di un atto impositivo divenuto definitivo, per questioni relative all’oggetto del contendere, non costituisce dunque atto impugnabile dinanzi al giudice tributario “poiché non rientra nell’elenco previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992” (così Cassazione civile sez. trib., 18/04/2019, n. 10879).

La conferma di questo orientamento si rinviene anche nell’ordinanza n. 24032 del 26 settembre 2019 della Sezione Tributaria6, con la quale, richiamando l’istituto dell’annullamento d’ufficio previsto dall’art. 21 nonies l. 241/1990 si è ritenuto che il potere di rimozione dell’atto possa essere esercitato soltanto previa valutazione comparativa della prevalenza di un interesse pubblico alla rimozione superiore a quello alla sua conservazione7.

Il dictum profondamente innovativo della sentenza in commento non contrasta con l’orientamento negativo appena richiamato riguarda l’ambito di applicazione della disciplina della prescrizione e la proponibilità dell’azione, in via autonoma, da parte del contribuente.

Se è vero che la richiesta di sgravio non può riguardare il merito della pretesa è altrettanto vero, come già evidenziato, che la prescrizione interviene successivamente alla notifica della cartella di pagamento e non ha nulla a che vedere con l’intervenuta irretrattabilità della pretesa tributaria per mancata impugnazione o passaggio in giudicato della sentenza che confermi la sussistenza del credito esattoriale.

Si riteneva finora che la prescrizione, operando di diritto in conseguenza di fatti successivi all’esistenza del credito, potesse essere fatta valere in via d’eccezione dal contribuente soltanto in reazione ad atti esecutivi da parte del concessionario della riscossione.

Con la sentenza in commento, invece, la cassazione aggiunge un’altra importante facoltà al diritto di difesa del contribuente affermando che l’impugnazione del diniego di sgravio per intervenuta prescrizione “non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo” poiché al tempo in cui le cartelle furono notificate, “la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata”.

Ad avere determinato il maturare la prescrizione, è infatti l’inerzia successiva all’irretrattabilità del credito da parte dell’agente della riscossione che si è protratta oltre i termini di legge; ma tale comportamento attribuisce una facoltà al contribuente e non costituisce certo richiesta di riesame nel merito dell’atto impositivo.

In ragione di ciò, poiché la giurisprudenza interpreta da tempo estensivamente l’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 19928 la cassazione ritiene pienamente esperibile l’impugnazione del diniego di sgravio, poiché si tratta di attività incidente su rapporti tributari tra amministrazione e contribuente.

In ultimo, la sentenza appare interessante anche dal punto di vista processuale poiché la cassazione precisa che è proprio la struttura del processo tributario come processo d’impugnazione, a garantire questa forma di tutela. In tale tipo di processo, infatti, la reazione al diniego di sgravio, consiste proprio nel proporre una domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione.

In conclusione, seppure con argomentazioni tecniche complesse che derivano dalle caratteristiche dell’esecuzione esattoriale, la sentenza introduce un nuovo modo di reagire all’inerzia dell’agente per la riscossione che abbia determinato l’estinzione del credito esattoriale, attribuendo una nuova modalità di reazione al contribuente, in precedenza ritenuta non proponibile per ragioni dogmatiche, del tutto estranee all’oggetto concreto del contendere.

Note

1 A seguito della modifica introdotta dal D.lgs 195/2015, la sospensione può essere richiesta unicamente se sussiste:

a) prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;

b) un provvedimento di sgravio emesso dall'ente creditore;

c) una sospensione amministrativa comunque concessa dall'ente creditore;

d) una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;

e) un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell'ente creditore”.

Il successivo comma 540, precisa che 540 il seguente periodo “l'annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito".

2 Si vedano in proposito, Commissione Tributaria provinciale di Brescia 28/03/2017 n. 229/1/17 e Commissione Tributaria provinciale di Taranto, 02/10/2019 n. 1498/3/19, Commissione Tributaria provinciale di Roma, 30/10/2019 n. 13859/2019, che hanno proceduto all’annullamento a seguito di mancata risposta del concessionario per la riscossione. Nello stesso senso, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Milano del 05/04/2017 n. 1531/5/17 che ha confermato l’annullamento dei carichi in conseguenza del ritardato riscontro all’istanza. Si veda anche Cassazione civile sez. trib., 05/11/2019, n. 28354 con la quale è stato ribadito l’effetto sospensivo dell’autotutela procedimentalizzata ed il conseguente annullamento di diritto dei ruoli in difetto di riscontro alla richiesta di sgravio.

3 Art. 7 comma 2 l. 212/2000: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui e’ possibile ricorrere in caso di atti impugnabili”.

4 A norma dell’art. 13 co. 6 l. 212/2000, il Garante del contribuente “anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti i quali rispondono entro trenta giorni ed attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente.

6 Già efficacemente commentata in iltributo.it, 27 settembre 2019, Diniego di annullamento in autotutela: costituisce atto impugnabile, ma la revisione può avvenire solo per rilevante interesse generale.

7 Si veda cass. n. 24032 del 26 settembre 2019 cit.: “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” nello stesso senso anche Cass. sez. V, ord. 24.08.2018, n. 21146.

8 Si vedano Cass., n. 285/2010 e Cass., n. 16100/2011 espressamente citate dalla sentenza.

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