Difetto di legittimazione passiva: mera difesa proponibile anche in appello

Il difetto di legittimazione passiva può essere eccepito dal convenuto per la prima volta anche nel giudizio di appello. Questo è quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30545/2017, pubblicata il 20 dicembre 2017.

Venerdi 5 Gennaio 2018

IL CASO: A seguito della caduta su un marciapiede, il danneggiato conveniva in giudizio un condominio al fine di vedersi riconoscere il diritto al risarcimento dei danni subiti in virtù del suddetto sinistro. Il danneggiato riteneva che il marciapiede fosse di proprietà del condominio convenuto.

Nel corso del giudizio di primo grado, quest’ultimo non si costituiva rimanendo contumace. La domanda del pedone veniva accolta dal Tribunale.

Il Condominio, proponendo appello avverso la sentenza di prime cure, eccepiva la carenza di legittimazione passiva. Il gravame veniva rigettato dalla Corte di Appello, la quale sosteneva che il marciapiede, pur non rientrando tra le parti comuni di un edificio ai sensi dell'art. 1117 c.c., può assumere natura condominiale in relazione alla sua destinazione e che comunque il Condominio, essendo rimasto contumace in primo grado, era decaduto dalla possibilità di eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva sostanziale e, di conseguenza, l'assenza di ogni obbligo a suo carico di manutenzione del marciapiede.

Pertanto, il Condominio soccombente proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra l’altro, che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva era una mera difesa non soggetta a decadenza, e che essa poteva essere fatta valere anche in grado di appello e rilevata d'ufficio dal giudice.

LA NATURA DELL’ECCEZIONE DI CARENZA DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA.

La questione relativa alla natura dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva ha formato oggetto di dibattito all’interno della giurisprudenza di legittimità.

Infatti, un primo orientamento (maggioritario), ritiene l'eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio un’eccezione in senso stretto che attiene al merito e pertanto non è rilevabile d'ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere formulata tempestivamente dalla parte interessata (Cassazione Civ. 10 maggio 2010 n. 11284, Cassazione Civ. 27 giungo 2011 n. 14177), mentre un secondo orientamento (minoritario),ritiene la suddetta eccezione una mera difesa proponibile in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o la tardiva costituzione del convenuto possa senza considerata come mancata contestazione o possa alterare la ripartizione degli oneri probatori.

A dirimere il contrasto formatosi all’interno della stessa Corte di Cassazione sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 2951 del 16 febbraio 2016, affermando che “la difesa con la quale il convenuto si limiti a dedurre, ed eventualmente argomentare (senza contrapporre e chiedere di provare fatti impeditivi, estintivi o modificativi), che l'attore non è titolare del diritto azionato, è una mera difesa. Non è un'eccezione, con la quale si contrappone un fatto impeditivo, estintivo o modificativo, nè quindi, un'eccezione in senso stretto, proponibile, a pena di decadenza, solo in sede di costituzione in giudizio e non rilevabile d'ufficio. Essa pertanto può essere proposta in ogni fase del giudizio (in cassazione solo nei liiiti del giudizio di legittimità e sempre che non si sia bormato il giudicato). A sua volta il giudice può rilevara dagli atti la carenza di titolarità del diritto anche d'ufficio”.

LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione aderendo al principio affermato dalle Sezioni Unite, ha accolto il ricorso proiosso dal Condominio, evidenziando:

    1. che le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità deh rapporto controverso dedotte dall'attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l'eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contastazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme he eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti;

    2. nel caso oggetto della controversia esaminata dai Giudici di legittimità, l'obbligazione risarcitoria del Condominio, sia ai sensi dell'art. 2043 che dell'art. 2051 c.c., può essere in astratto prospettabila in quanto risulti che lo stesso è titolare di un diritto di proprietà sul marciapiede dov'è avvenuto l'incidente, dovendosi altrimenti indirizzare la domanda risarcitoria nei confronti del Comune (come di regola avviene, v. la sentenza 3 agosto 2005, n. 16226);

    3. di conseguenza, la titolarità di un diritto dominicale sul marciapiede teatro dell'incidente costituisce presupposto ineliminabile per l'accoglimento della domanda del pedone, e quindi ha errato la Corte d'appello nel ritenere la tardività della contestazione da parte del Condominio in conseguenza della sua contumacia nel giudizio di primo grado, non trattandosi di un'eccezione in senso stretto.

Allegato:

Cass. civile Sez. VI - 3 Ordinanza n. 30545 del 20/12/2017

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