Dichiarazione di fallimento: termini e modalità di deposito dell'insinuazione al passivo

Con la sentenza n. 3872/2020, pubblicata il 17 febbraio 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui tempi e sulle modalità del deposito dell’istanza di ammissione al passivo per i crediti sorti successivamente alla dichiarazione del fallimento del debitore.

Venerdi 3 Aprile 2020

IL CASO: La vicenda esaminata nasce dalla domanda di insinuazione tardiva al passivo del fallimento ex art. 101 della legge fallimentare proposta da un creditore avente ad oggetto un credito per una ripetizione di indebito a seguito di un versamento non dovuto che era stato effettuato erroneamente sul conto della società quando quest’ultima era stata già dichiarata fallita.

La domanda veniva depositata oltre il termine previsto dal primo comma dell’art. 101 della legge fallimentare e, quindi, oltre il termine di trenta giorni dalla prima udienza fissata per la verifica dello stato passivo e oltre il termine di dodici mesi dal deposito del credito di esecutività dello stato passivo.

La domanda veniva dichiarata inammissibile dal Giudice Delegato, il quale riteneva che nessuna prova era stata fornita dal creditore circa la non imputabilità allo stesso per il ritardo nel depositare la domanda oltre i suddetti termini. Ricordiamo che, una volta decorsi i termini di cui al primo comma dell’art. 101 della legge fallimentare fino a quando non si sono esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, secondo quando disposto dal quarto comma della suddetta disposizione, i creditori possono depositare la domanda di ammissione al passivo c.d. “ultratardiva”, ma è loro onere fornire la prova che il ritardo nel deposito è dipeso da causa a loro non imputabile.

Avverso il provvedimento di rigetto emesso dal Giudice Delegato, la creditrice proponeva reclamo al Tribunale che lo rigettava.

Pertanto, la creditrice interponeva ricorso per Cassazione.

LA DECISIONE: La Cassazione, pur correggendo le motivazioni del provvedimento impugnato, ha ritenuto infondato il ricorso e nel rigettarlo ha affermando il seguente principio di diritto: “l’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dalla L. Fall., art. 101, comma 1 ed u.c.; tale insinuazione tuttavia incontra comunque un limite temporale, da individuarsi - in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost. - nel termine di un anno, espressivo dell’attuale sistema in materia, decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare”.

In altri termini, per i crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento e durante la pendenza della procedura fallimentare non si applica il termine di decadenza previsto dal comma 1 e ultimo dell’art. 101 della legge fallimentare.

Essi vanno fatti valere mediante l’istanza di ammissione al passivo da depositare entro il termine di un anno dalla loro insorgenza.

Allegato:

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 17 febbraio 2020 n. 3872

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