Il Tribunale di Torino, con l'ordinanza del 7 novembre 2016, nell'ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, si pronuncia in tema di inefficacia del decreto ingiuntivo, non ostativa ad una proposta conciliativa del giudice e alla eventuale mediazione delegata.
Venerdi 17 Febbraio 2017 |
Il caso: un debitore propone opposizione avverso un decreto ingiuntivo azionato nei suoi confornti da una società finanziaria; alla prima udienza, il creditore opposto chiede la concessione della provvisoria esecuzione, mentre il debitore opponente eccepisce ex art. 644 c.p.c la inefficacia del decreto ingiuntivo, notificatogli ben oltre i 60 gg. dalla pronuncia.
Accertata la tardività della notifica, il Tribunale rileva preliminarmente che in sentenza dovrà essere dichiarata l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto che, per l’effetto, dovrà essere revocato; conseguentemente, non può concedersi l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto, contestualmente osserva che:
l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto per tardività della sua notificazione non impedisce - nel caso di opposizione da parte dell’ingiunto, di costituzione dell’opposto creditore e di riproposizione della domanda da parte diquest’ultimo - la decisione da parte del giudice dell’opposizione in merito all’esistenza del diritto già fatto valere attraverso il ricorso per ingiunzione;
infatti la notificazione tardiva del decreto ingiuntivo oltre il termine di sessanta giorni dal deposito comporta, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., l’inefficacia del provvedimento e impedisce il verificarsi delle conseguenze che l’ordinamento vi correla, ma non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale;
il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente: in quest'ottica il giudice può quindi formulare alle parti anche una proposta transattiva o conciliativa ex art. 185 bis cpc;
del pari, qualora la suddetta proposta conciliativa non venisse accettata dalle parti, il giudice può disporre la mediazione delegata ex officio iudicis, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, prevista dall’art. 5, comma 2, D.lgs. n. 28/2010: per espressa previsione normativa, il giudice in qualunque grado del giudizio, anche di appello e fino alla precisazione delle conclusioni o discussione, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione ed in tal caso lo stesso diviene condizione di procedibilità della domanda;
la suddetta procedura non è peraltro impedita dal fallimento dell’eventuale precedente conciliazione obbligatoria (cfr. relazione illustrativa al D.Lgs. 28/2010), e il disposto di cui all’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010 deve ritenersi applicabile a tutte le controversie e non solo a quelle oggetto di mediazione obbligatoria di cui al comma 1;
riguardo ai rapporti tra proposta conciliativa e mediazione, il Tribunale di Torino condivide l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui “il Giudice, in sede di formulazione della proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c., può indicare alle parti che, qualora la proposta non venga accettata, sarà disposta la mediazione ex officio iudicis quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, condizione che si riterrà soddisfatta soltanto se nel primo incontro le parti svolgano effettivamente il tentativo di mediazione” (cfr. in tal senso: Tribunale Palermo, sez. I, 16 luglio 2014, in Giustizia Civile.com 2015, 12 febbraio).