I debiti condominiali possono essere riportati nel bilancio consuntivo degli anni successivi ?

Avv. Marcello Giglio.

Tutti i condòmini sono chiamati a partecipare, per quota, alle spese necessarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio.

Giovedi 1 Luglio 2021

Può accadere che alcuni condòmini siano morosi e che la morosità si trascini per anni; in tal caso, le morosità degli anni precedenti rimaste insolute devono essere riportate nel bilancio relativo ai successivi anni di gestione; ciò in quanto il rendiconto condominiale, in forza del principio di continuità, deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente.

Ciò consente all’amministratore del condominio di richiedere ed ottenere, anche per le quote risalenti ad annualità precedenti, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, basandosi sul rendiconto relativo alla gestione di un certo anno che sia stato regolarmente approvato dall’assemblea.

Ad es.: il rendiconto relativo all’anno 2013, approvato dall’assemblea nell’anno 2014, riporta il credito verso il condòmino Rossi relativo all’anno 2013 ed anche agli anni 2012 e 2011. Il rendiconto costituisce prova scritta del credito complessivo e l’amministratore può agire con la procedura per decreto ingiuntivo non solo per le quote relative all’anno 2013, ma anche per quelle relative al 2012 ed al 2011.

Tale conclusione, che offre risposta affermativa al quesito posto con il titolo dell’articolo, costituisce l’esito di un giudizio recentemente deciso dalla Suprema Corte di Cassazione (ordinanza 3847/2021).

Il caso: l’amministratore di condominio chiede ed ottiene decreto ingiuntivo per le quote di spese condominiali non pagate, risultanti dal consuntivo relativo ad un anno gestionale, ove però erano ricomprese anche le morosità degli anni precedenti; il documento era stato approvato dall’assemblea e non era stato impugnato da alcun condòmino.

Il condòmino ingiunto propone opposizione, che viene respinta tanto in primo grado, quanto in appello.

Il condòmino si rivolge allora alla Suprema Corte, proponendo due motivi, uno inerente all’idoneità della delibera di approvazione del bilancio a dare fondamento al credito per quote condominiali relative ad anni precedenti, l’altro alla mancata partecipazione del condòmino all’assemblea.

La Corte però, con ordinanza, rigetta entrambi i motivi del ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito.

Gli ermellini giungono alla decisione passando attraverso l’enunciazione di alcuni principi:

- quello relativo alla sufficienza della delibera assembleare di approvazione del rendiconto quale prova del credito, anche per quote arretrate, azionato contro il condòmino moroso con decreto ingiuntivo;

- quello relativo alla necessità, per i condòmini assenti, dissenzienti (ed astenuti, vista la nuova formulazione dell’art. 1137 cod. civ.) di impugnazione, che però è consentita solo per motivi di mera legittimità e non di merito;

- quello della irrilevanza, quale motivo di impugnazione della delibera di approvazione del bilancio condominiale, della mera assenza del condòmino all’assemblea, determinando tale circostanza unicamente che il termine di trenta giorni previsto per l’impugnazione inizi a decorrere solo dalla data in cui il verbale verrà comunicato al condòmino assente. L’assenza del condòmino mai potrebbe essere dedotto come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo;

- quello relativo alla vincolatività delle delibere assembleari per tutti i condòmini, effetto tipico sancito dalla legge, che vale anche nel caso di approvazione del rendiconto annuale, atto da cui discendono tanto la nascita, quanto la prova, dell’obbligo di ciascun condòmino di contribuzione per quota alle spese ordinarie del condominio;

- quello relativo alla necessità che i condòmini verifichino i documenti giustificativi del bilancio consuntivo prima dell’approvazione del documento, non essendo consentito farlo dopo;

- quello relativo alla imputazione delle voci del bilancio consuntivo, ivi inclusi i crediti del condominio verso il singolo condòmino, all’esercizio nel corso del quale ne è avvenuto l’accertamento (principio di cassa);

- quello relativo all’obbligo di riportare le morosità pregresse persistenti nella contabilità degli anni successivi di gestione, in cui risulteranno sia come attività del patrimonio del condominio, sia come debiti del singolo condòmino, di guisa che il consuntivo di un anno deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente (principio di continuità).

L’ordinanza dei Giudici di legittimità si conclude con l’affermazione del seguente principio di diritto: “Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante), una volta approvato dall'assemblea, può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c. c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso”.

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