Le delibere assembleari sono obbligatorie per i condomini, pur se impugnate.

Nota a Sentenza del Tribunale di Milano n. 4895 depositata il 3 maggio 2017.

Il Tribunale meneghino ribadisce - ancora una volta - il cristallizzato concetto secondo cui in sede di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., non è possibile chiedere la declaratoria di nullità e/o annullabilità della delibera di approvazione del rendiconto da cui scaturisce il credito azionato (Cassazione n. 10427/2000, Cassazione 26629/2009, Cassazione n. 454/2017 e Tribunale di Roma del 23 gennaio 2017).

Lunedi 8 Maggio 2017

Nella fattispecie una società condomina si era sottratta al pagamento di alcuni oneri condominiali, ritenendo errate le somme richieste; il Condominio replicava che dette spese, portate a consuntivo e preventivo per la gestione ordinaria, per il riscaldamento e per lavori di manutenzione dell'ascensore, erano state deliberate e approvate da due diverse assemblee, cui peraltro la condomina era presente e che non erano state impugnate nei termini di legge, divenendo così definitive; risultava, invece, impugnata una successiva delibera il cui giudizio era al momento pendente senza l'avvenuta sospensione della delibera.

Stando così i fatti il Giudice rileva, in primo luogo, che l'efficacia delle delibere condominiali e la contribuzione delle spese comuni sono sottoposte a una particolare disciplina, intesa precipuamente a salvaguardare le esigenze di funzionalità del Condominio (Cassazione n. 7073/1999); che tale disciplina è dettata, in particolar modo, dall'art. 1137 c.c. per cui le decisioni adottate dall'assemblea sono obbligatorie per i condomini, pur se impugnate, salvo l'autorità giudiziaria adita ne ordini la sospensione (Cassazione n. 1093/1996).

Conseguenza logica di tale obbligatorietà è che le deliberazioni con cui vengono stabiliti i contributi dovuti dai singoli per far fronte alle spese condominiali e con cui viene attualizzato l'obbligo, previsto dall'art. 1123 c.c., in capo ai singoli condomini di far fronte agli oneri condominiali, costituiscono veri e propri titoli di credito del condominio e provano, esse sole e senza dubbio, l'esistenza di tale credito legittimando non solo la concessione del decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. ma anche la relativa condanna al condomino di pagare le spese legali del giudizio di opposizione che questi proponga, poiché tale giudizio di opposizione è ristretto alla sola verifica dell'esistenza e dell'efficacia della delibera assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cassazione n. 2387/2003).

Del resto il condomino dissenziente può impugnare la delibera ai sensi dell'art. 1137 c.c., nei trenta giorni per la declaratoria di annullabilità, senza decadenze, invece, se sussistono motivi di nullità, e, qualora tale delibera fosse accertata o dichiarata illegittima, costui avrà diritto alla restituzione di quanto, in forza di essa, fosse stato costretto a pagare indebitamente (Cassazione n. 7073/1999); infatti, nel procedimento di opposizione a d.i. emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice dovrà limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questo riservato esclusivamente al Giudice davanti a cui dette delibere siano state impugnate (Cassazione n. 26629/2009 e Cassazione n. 454/2017).

Nel caso all'attenzione, il Condominio ha provato il fatto costitutivo della propria domanda in quanto posto a fondamento delle due delibere assembleari valide ed efficaci perché non impugnate; l'opponente, invece, non è stato in grado di fornire la prova del fatto estintivo, impeditivo o modificativo dell'obbligazione corrispondente al pagamento delle spese ma ha solo opposto un presunto errore nelle somme richieste: per quanto sopra detto, però, tali argomentazioni non hanno pregio nel giudizio proposto e, al limite, nel solo caso di richiesta di nullità, il condomino avrebbe avuto l'opportunità di far valere le proprie ragioni in altra sede con atto di citazione ai sensi dell'art. 1137 c.c.; logica conseguenza è il rigetto dell'opposizione con la conferma della piena validità ed efficacia del decreto opposto e la condanna delle spese di lite in capo all'opponente soccombente.

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