Danno morale: per il risarcimento non basta lamentare generici stati d'animo come stress o angoscia

Con l'ordinanza n. 1405 del 22/01/2021 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del danno non patrimoniale, in specie del danno morale e dei presupposti per il relativo risarcimento.

Giovedi 28 Gennaio 2021

IL CASO: Gli eredi di G.B. convenivano avanti al tribunale di Massa la società N.P. Spa per il risarcimento del danno biologico derivante dall'esposizione ad amianto ed ad altre sostanze morbigene sul luogo di lavoro; il tribunale, pur accogliendo la domanda attorea, respingeva la domanda di risarcimento del danno morale soggettivo e del danno esistenziale.

La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado, rilevava, quanto al danno morale, che, pur avendo una sua specificità come voce del danno non patrimoniale, era soggetto alle regole generali di allegazione e prova, e che il pregiudizio doveva essere obiettivamente riconoscibile come conseguenza dell'illecito, non essendo sufficiente la deduzione di generici stati d'animo (stress, disagio, angoscia, ricorrenti per altri casi analoghi) del tutto disancorati da elementi obiettivi e alla stregua dei quali poter inferire un concreto peggioramento della vita interiore, affettiva e di relazione.

Gli eredi di G.B. ricorrono in Cassazione, lamentando, tra l'altro, violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 32 Cost., 2059, 2087, 2727 cod.civ., 5 d.P.R. n. 27 del 2009, 1 d.P.R. n. 181 del 2009, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale escluso la sussistenza del danno morale e/o esistenziale ritenendo non applicabile il ricorso alle presunzioni, anche semplici, nonostante deduzione, sin dal primo grado, di puntuali e precise allegazioni.

Per la Cassazione la doglianza è infondata: la Corte territoriale ha correttamente ritenuto la mancanza di prova del danno morale e del danno esistenziale per la mancata allegazione di circostanze obiettive, dotate di un sufficiente grado di specificità, sintomatiche di tale danno; sul punto la Corte rileva quanto segue:

a) nella sentenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008, nel definire la consistenza e le condizioni di risarcibilità del danno non patrimoniale, dopo avere chiarito che, al di fuori dei casi di risarcibilità previsti direttamente dalla legge, il danno non patrimoniale è risarcibile unicamente se derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, ha respinto tanto la tesi che identifica il danno nella lesione stessa del diritto (danno- evento) che la variante costituita dalla affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa; entrambe le tesi snaturerebbero la funzione del risarcimento in quella di una pena privata per un comportamento lesivo;

b) di conseguenza, mentre per il danno biologico l'accertamento medico legale è il mezzo di prova al quale comunemente si ricorre, per il pregiudizio non-biologico, relativo a beni immateriali, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo;

c) la Corte territoriale non ha negato la rilevanza delle presunzioni ai fini della prova del danno non-biologico, ma ha affermato che nella concreta fattispecie non erano stati allegati elementi obiettivi, dotati di un sufficiente grado di specificità, sulla base dei quali risalire alla sofferenza ed al cambiamento delle abitudini di vita derivati dalla consapevolezza della esposizione lavorativa ad agenti nocivi; del resto gli stessi ricorrenti deducono che i disagi e le sofferenze non si erano tradotti in alcuna malattia psichica (circostanza che avrebbero avuto autonoma valenza quale danno risarcibile per violazione dell'articolo 32 Cost., piuttosto che rilievo indiziante).

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