Danno da lesione del rapporto parentale, criterio della convivenza e onere della prova.

Con l'ordinanza n. 2818 del 24 marzo 2021 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla configurabilità o meno del diritto al risarcimento del danno in favore dei parenti anche in assenza del requisito della "convivenza".

Lunedi 29 Marzo 2021

Il caso: Mario, Gianni e Lucia convenivano in giudizio davanti al Tribunale Tizio e Caia, rispettivamente conducente e proprietario del veicolo investitore, nonché la compagnia di Assicurazioni S.p.A. (compagnia assicuratrice del mezzo) chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni (da lesione del rapporto parentale) patiti per la morte della zia, verificatasi in seguito al sinistro, nel quale quest'ultima, mentre attraversava la strada, veniva investita dal veicolo condotto da Tizio.

Il tribunale rigettava la domanda ritenendo l'esclusiva responsabilità della pedone nella causazione del sinistro; la decisione veniva confermata, dalla Corte d'appello di Roma per la assorbente e «più liquida»ragione della ritenuta carenza di legittimazione in capo agli appellanti a pretendere il risarcimento del danno per la morte della loro zia, poiché con essi non convivente.

Avverso la decisione della Corte d'Appello gli attori propongono ricorso per Cassazione, lamentando l'erroneità della regola di giudizio applicata dal giudice a quo, in quanto ispirata a indirizzo giurisprudenziale respinto da diverse successive pronunce secondo le quali “il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale”.

Per la Suprema Corte la censura è fondata: sul punto gli Ermellini chiariscono quanto segue:

a) se da un lato, occorre certamente «evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari», dall'altro non può tuttavia condividersi l'assunto che «il dato esterno ed oggettivo della convivenza» possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l'aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilità di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto;

b) La convivenza, piuttosto, escluso che possa assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell'esistenza del diritto in parola, costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur;

c) per evitare una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari e possibilità di prove compiacenti si ritiene sufficiente che sia fornita la prova rigorosa degli elementi idonei a provare la lamentata lesione e l'entità dei danni e che tale prova sia correttamente valutata dal giudice;

Decisione: Alla stregua delle suddetti argomentazioni, la sentenza impugnata, assegnando rilievo dirimente, nel senso di escludere a priori (e indipendentemente dunque da ogni valutazione degli elementi, anche presuntivi, acquisiti) la legittimazione degli attori/appellanti in ragione del solo dato della mancanza di un rapporto di convivenza, va pertanto cassata.

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