Criteri di ripartizione della pensione di reversibilità e rilevanza della convivenza more uxorio

Nell'ordinanza n. 41960 del 30 dicembre 2021 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite.

Venerdi 7 Gennaio 2022

Il caso:  Il Tribunale di Caltanissetta determinava il diritto di Tizia alla quota del 40% del trattamento pensionistico di reversibilita' determinato in esito alla morte dell'ex coniuge con compensazione delle spese di lite; la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, determinava la quota della pensione di reversibilita' spettante a Tizia nella misura del 25% e nella misura del 75% quella spettante a Caia, coniuge superstite.

I giudici di secondo grado, in particolare, avevano tenuto conto in applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 9, della durata del rapporto matrimoniale, oltre che dell'entita' dell'assegno divorzile posto a carico del'ex coniuge, come modificato in seguito al collocamento in quiescenza dello stesso nel febbraio del 2009, nonche' dei redditi propri di Tizia e di Caia.

Tizia ricorre in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 9, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3: in particolare la Corte di appello non aveva fondato la propria decisione sul criterio temporale della durata del rapporto di coniugio che era stata di venti anni (la sentenza della Corte di appello che aveva confermato la sentenza di primo grado di cessazione degli effetti civili del matrimonio era passata in giudicato nel 1998), mentre il rapporto con Caia aveva avuto una durata di soli quattordici anni.

La Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha modo di ribadire alcuni principi in tema di pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite:

a) la ripartizione del trattamento di reversibilita' tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalita' solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza "more uxorio" non una semplice valenza "correttiva" dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensi' un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilita' ed effettivita' della comunione di vita prematrimoniale;

b)  il giudice deve tenere conto dell'elemento temporale (durata del matrimonio), la cui valutazione non puo' in nessun caso mancare - ma, al contempo, non puo' divenire esclusivo nell'apprezzamento del giudice, e deve tenere conto di ulteriori elementi, correlati alla finalita' solidaristica che presiede al trattamento di reversibilita', da individuare facendo riferimento all'entita' dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonche' alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali; non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere ne' essere valutati in egual misura, rientrando nell'ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto;

c)  la Corte di appello ha correttamente applicato i principi esposti :

- ha evidenziato, sulla base delle deduzioni delle parti e della documentazione acquisita in primo grado, che il rapporto coniugale e di convivenza di Tizia con l'ex marito aveva avuto una durata di circa nove anni e mezzo, ne' era stata allegata una convivenza prima del matrimonio; mentre il rapporto di convivenza, prima more uxorio e poi coniugale, tra Caia e il marito, aveva avuto una durata di circa ventiquattro anni, dalla nascita della figlia alla data del decesso del coniuge;

- ha richiamato poi l'entita' dell'assegno divorzile posto a carico dell'ex marito (pari a vecchie Lire 1.250.000), successivamente ridotto ad Euro 648,00, dopo il collocamento in pensione dello stesso per ragioni di salute, in ragione della definitiva e sostanziale contrazione dei redditi di quest'ultimo, essendo passato da uno stipendio mensile netto di Euro 5.539,00 ad una retribuzione mensile netta di Euro 2.608,00 circa.

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