Corte Cost.: il medico imputato può chiedere la citazione in giudizio del responsabile civile

Con una pronuncia attesa da tempo, la sentenza n. 170 del 25 novembre 2025 della Corte Costituzionale ha risolto un’annosa disparità di trattamento per gli esercenti le professioni sanitarie. La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui impediva all’imputato di richiedere la citazione in giudizio della compagnia di assicurazione quale responsabile civile.

Venerdi 5 Dicembre 2025

Cosa cambia concretamente? Fino ad oggi, il medico imputato nel processo penale si trovava in una posizione svantaggiata rispetto al giudizio civile, non potendo chiamare in garanzia la propria assicurazione. Era spesso costretto ad attendere l'esito del processo e, in caso di condanna, a pagare di tasca propria per poi avviare un giudizio separato per ottenere il rimborso. Grazie a questa sentenza, le tutele processuali vengono allineate.

Il Contesto di una tutela processuale incompleta

Prima di questo intervento, la posizione del medico coinvolto in un procedimento penale per responsabilità professionale presentava rilevanti criticità. Quando un paziente (o i suoi congiunti), ritenendosi danneggiato si costituiva parte civile nel processo penale per ottenere il risarcimento, l’imputato si trovava in una posizione sfavorita. L’articolo 83 del codice di procedura penale, nella sua precedente formulazione, permetteva solo alla parte civile e, in casi eccezionali, al pubblico ministero di chiedere la citazione del “responsabile civile”, ovvero del soggetto tenuto per legge a rispondere economicamente per il fatto dell’imputato. L’imputato era escluso da questa facoltà.

Ciò creava una palese e irragionevole disparità di trattamento perché:

-) nel processo civile, il medico convenuto per risarcimento danni poteva (e può) chiamare in causa la propria compagnia assicurativa per esserne tenuto indenne (“chiamata in garanzia”), ai sensi degli articoli 1917 del Codice civile e 106 del Codice di procedura civile;

-) nel processo penale, invece, lo stesso medico, imputato per il medesimo fatto e soggetto alla stessa richiesta risarcitoria, non poteva fare altrettanto; era invece costretto ad attendere l’esito del processo e, in caso di condanna al risarcimento, a pagare di tasca propria per poi avviare un separato giudizio civile contro l’assicuratore per ottenere il rimborso.

Questa differenza di tutela dipendeva unicamente dalla scelta discrezionale della persona danneggiata riguardo alla sede processuale in cui far valere le proprie pretese, pregiudicando l’effettività della copertura assicurativa e il diritto di difesa dell’imputato.

Il quadro normativo della legge “Gelli-Bianco”

La questione si innesta nella disciplina introdotta dalla Legge 8 marzo 2017, n. 24 (nota come “Legge Gelli-Bianco”), che ha ridisegnato il sistema della responsabilità sanitaria. I punti cardine di tale legge, rilevanti per questa decisione della Corte, sono:

-) L’obbligo assicurativo: la legge ha reso obbligatoria la stipula di polizze assicurative per la responsabilità civile. In particolare, l’articolo 10 impone alle strutture sanitarie e sociosanitarie (pubbliche e private) di assicurarsi per i danni cagionati dal personale operante al loro interno. L’assicurazione delle strutture sanitarie per la responsabilità del personale medico è configurata come “assicurazione per conto altrui” secondo lo schema dell’art. 1891 del codice civile, nella quale la struttura sanitaria assume la veste di contraente e il medico quella di assicurato.

Questo significa che il medico strutturato, pur non essendo parte del rapporto contrattuale tra assicuratore e struttura sanitaria, è abilitato a far valere i diritti derivanti dal contratto, compreso quello di manleva dalle pretese della parte civile. Obbligo analogo è previsto per i medici che operano in regime di libera professione.

-) L’azione diretta del danneggiato, introdotta dall’articolo 12 della stessa legge. Il paziente danneggiato può agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria o del libero professionista per ottenere il risarcimento del danno. È proprio la combinazione di questi due elementi – l’obbligatorietà dell’assicurazione e l’esistenza dell’azione diretta – a qualificare l’assicuratore come “responsabile civile” ai sensi dell’articolo 185, secondo comma, del Codice penale, in quanto soggetto tenuto per legge a risarcire il danno causato dal reato.

La distinzione tra medici “strutturati” e liberi professionisti

Va considerato che la Legge Gelli-Bianco prevede regimi assicurativi differenziati per le diverse categorie di sanitari. Come chiarito dalla sentenza n. 182 del 2023 della Corte costituzionale, i medici “strutturati” (dipendenti delle strutture sanitarie) non hanno obbligo di assicurazione per la responsabilità verso i pazienti, essendo questa coperta dall’assicurazione della struttura. Gli stessi devono invece stipulare, con oneri a proprio carico, una polizza assicurativa per colpa grave finalizzata esclusivamente a garantire efficacia alle azioni di rivalsa della struttura sanitaria o di responsabilità amministrativa, che si collocano “a valle” dell’azione risarcitoria del danneggiato.

I medici liberi professionisti, invece, devono autonomamente assicurarsi per la responsabilità verso i pazienti, mantenendo l’obbligo già stabilito da disposizioni previgenti.

Operatività dell’azione diretta

È necessario precisare che l’azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore è operativa solo dal 16 marzo 2024, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale n. 232/2023. Tuttavia, la Corte ha accolto l’argomentazione secondo cui, trattandosi di norma processuale, si applica il principio “tempus regit actum”, rendendo esperibile l’azione diretta dall’entrata in vigore del decreto ministeriale, indipendentemente dal momento di commissione del fatto.

Il percorso logico della Corte Costituzionale

Con la sentenza n. 170/2025, la Corte ha riconosciuto che la situazione della responsabilità sanitaria è del tutto analoga ad altre ipotesi di assicurazione obbligatoria per le quali aveva già sancito in passato l’illegittimità dell’art. 83 c.p.p. In particolare:

-) l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile automobilistica (sentenza n. 112 del 1998);

-) l’assicurazione obbligatoria per l’esercizio dell’attività venatoria (sentenza n. 159 del 2022).

Nei precedenti casi dell’assicurazione automobilistica (sentenza n. 112/1998) e venatoria (sentenza n. 159/2022), la Corte aveva già identificato gli elementi caratterizzanti: l’obbligatorietà dell’assicurazione ex lege, l’esistenza dell’azione diretta del danneggiato e la “funzione plurima” di garanzia. La sentenza n. 159 del 2022 ha chiarito che “il solo elemento realmente indispensabile affinché l’assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile è la previsione normativa dell’azione diretta del danneggiato”. Poiché tale previsione esiste nel sistema della Legge Gelli-Bianco, negare all’imputato la facoltà di citare l’assicuratore nel processo penale costituisce una violazione del principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione), in quanto si riserva un trattamento deteriore e ingiustificato rispetto a quanto avverrebbe in un giudizio civile.

La “funzione plurima” dell’assicurazione sanitaria

La Corte ha identificato una “funzione plurima” del rapporto assicurativo sanitario, che tutela sia il danneggiato (garantendogli il risarcimento entro i limiti del massimale assicurativo) sia il danneggiante-assicurato (attraverso la manleva dalle pretese risarcitorie). Come evidenziato dalla sentenza, una delle finalità che la legge n. 24 del 2017 persegue è quella di “garantire un più sereno esercizio dell’attività del personale medico, caratterizzata da intrinseci e ineliminabili margini di rischio e da una crescente esposizione a richieste risarcitorie da parte dei pazienti”.

Tale obiettivo rischierebbe di rimanere frustrato se il medico potesse far valere il diritto alla manleva solo “a valle” della propria condanna, con il rischio di dover soddisfare con risorse personali le pretese del danneggiato. La Corte ha anche respinto l’obiezione dell’Avvocatura dello Stato basata sul rilievo che l’art. 8 della legge n. 24 del 2017 subordina l’azione civile diretta del danneggiato all’esperimento della consulenza tecnica preventiva. La Consulta ha chiarito che tale condizione di procedibilità si applica solo all’azione promossa “innanzi al giudice civile” e non anche per la medesima azione esercitata mediante costituzione di parte civile nel processo penale.

Gli effetti pratici

In virtù di tali argomentazioni, la Corte Costituzionale ha dichiarato:

-) L’illegittimità costituzionale dell’art. 83 c.p.p. nella parte in cui non prevede che l’assicuratore della struttura sanitaria (per la responsabilità del medico “strutturato”, ai sensi dell’art. 10, comma 1, della Legge 24/2017) possa essere citato nel processo penale su richiesta dell’imputato.

-) ha inoltre dichiarato l’illegittimità costituzionale in via consequenziale anche per l’ipotesi di assicurazione obbligatoria del medico libero professionista (ai sensi dell’art. 10, comma 2, della Legge 24/2017), al fine di evitare nuove disparità di trattamento tra le diverse categorie di sanitari e per non creare “disarmonie nel sistema”.

Gli effetti di questa sentenza sono immediati e di notevole portata, vale a dire:

-) economia processuale, perché si evita la frammentazione dei giudizi: la responsabilità penale, la responsabilità civile e l’obbligo di garanzia dell’assicuratore vengono accertati in un unico contesto; -) la tutela dell’imputato, perché il medico imputato può ora difendersi più efficacemente, attivando fin da subito la propria copertura assicurativa: in caso di condanna al risarcimento, il giudice potrà ordinare direttamente all’assicuratore di pagare il danneggiato, liberando il medico dall’onere di anticipare somme;

-) coerenza del sistema, perché viene sanata una disarmonia ordinamentale, garantendo che i diritti di difesa non siano compressi a seconda della sede processuale scelta dalla controparte.

Portata sistematica della decisione

La sentenza n. 170/2025 completa un percorso giurisprudenziale che ha progressivamente esteso la facoltà dell’imputato di citare l’assicuratore nelle ipotesi di assicurazione obbligatoria con azione diretta del danneggiato. La decisione s’inserisce in un quadro più ampio di tutela dei diritti di difesa nel processo penale, evitando che la scelta della sede processuale da parte del danneggiato possa pregiudicare l’effettività della copertura assicurativa; contribuisce inoltre a contrastare le dannose dinamiche della medicina difensiva, obiettivo espressamente perseguito dalla Legge Gelli-Bianco. La sentenza n. 170/2025 rappresenta quindi un passo fondamentale per la piena attuazione dei principi della Legge Gelli-Bianco, rafforzando le tutele per i professionisti sanitari e rendendo più equo ed efficiente l’accertamento delle responsabilità in ambito medico.

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