La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22867 del 09/11/2016 si pronuncia in tema di impugnabilità o meno del capo della sentenza relativo alla condanna al pagamento del C.U.
Martedi 15 Novembre 2016 |
La sig.ra L. proponeva appello contro la sentenza di primo grado, per il quale veniva fissata l'udienza di discussione nella contumacia dell'appellato; in corso di causa depositava istanza di estinzione del giudizio per rinuncia, avendo nel frattempo raggiunto un accordo con la controparte.
La Corte di Appello, constatata la mancata comparizione delle parti alla prima udienza, rinviava ad udienza successiva e quindi, non essendo comparso nessuno anche in seconda udienza, dichiarava improcedibile l'appello proposto dalla signora ex art. 348 c.p.c., u.c., nulla disponendo sulle spese e condannando la ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.
La sig.ra L. quindi propone ricorso per la cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma, denunciando la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 306, 348 e 359 c.p.c., nonchè la violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
In particolare la ricorrente censura la Corte d'Appello laddove non ha preso in considerazione l'istanza di estinzione e l'ha quindi condannata a pagare il doppio del C.U.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, in punto di contributo unificato, coglie l'occasione per precisare che:
in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato è un atto dovuto, poichè l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo e insuscettibile di diversa valutazione del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione;
esso pertanto si presenta come un'automatica conseguenza sfavorevole dell'azionamento del diritto di impugnare, tutte le volte che l'impegno di risorse processuali reso necessario dall'esercizio di tale diritto non abbia avuto esito positivo per l'impugnante;
l'obbligo del pagamento del contributo aggiuntivo sorge ipso iure, per il solo fatto del formale rilevamento della sussistenza dei suoi presupposti, al momento stesso del deposito del provvedimento di definizione dell'impugnazione: in quello stesso momento è attivabile pure il procedimento per la relativa riscossione;
tale rilevamento non può quindi costituire un capo del provvedimento di definizione dell'impugnazione dotato di contenuto condannatorio, nè di contenuto declaratorio;
il giudice dell'impugnazione ha il solo potere-dovere di rilevare la sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione del raddoppio del contributo unificato: il punto della sentenza che enuncia la sussistenza dei presupposti per l'obbligo di pagamento del contributo aggiuntivo non ha natura decisoria;
pertanto non possono essere impugnate con ricorso per cassazione le parti della sentenza di appello in cui si dà atto della sussistenza o insussistenza dei presupposti per la erogazione dal parte del soccombente di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012.
Allegato:
Cassazione civile, Ordinanza n. 22867 del 09/11/2016
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