Comportamento abituale e recidiva: due nozioni non assimilabili

Giovedi 10 Maggio 2018

La nozione di comportamento abituale - che ricorre quando l'autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre quello preso in esame - non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, con la conseguenza che assumono rilievo anche reati commessi successivamente a quello per cui si procede.

Decisione: Sentenza n. 4123/2018 Cassazione Penale - Sezione III

Principio di diritto: La nozione di comportamento abituale - che ricorre quando l'autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre quello preso in esame - non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, con la conseguenza che assumono rilievo anche reati commessi successivamente a quello per cui si procede, unitamente alla valutazione del comportamento dell'imputato dopo il delitto (nella specie demolizione e sanatoria edilizia), significativo della sua non abitualità alla commissione di reati

Osservazioni.

Nel caso deciso, il Giudice per le indagini preliminari dichiarava la non punibilità per particolare tenuità del fatto dell'imputato, che aveva proseguito dei lavori edilizi dopo la revoca del permesso di costruire; successivamente, aveva demolito e rimosso le opere abusive.

La Suprema Corte ha ricordato che il comportamento successivo (sia relativo al reato per il quale deve valutarsi l'applicabilità dell'art. 131 bis, cod. pen., e sia relativo ad altri reati commessi dall'imputato) deve comunque valutarsi dal giudice per escludere un comportamento abituale.

Giurisprudenza rilevante.

Cass. 26867/2017

Disposizioni rilevanti.

Codice penale vigente al: 06-05-2018

Art. 131 bis - Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69.

La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

Calcolo aumenti e riduzioni pena

Allegato:

Cassazione penale Sez. III Sentenza n. 4123 del 29/01/2018

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