Il Certificato di Agibilità nella negoziazione immobiliare.

Dr. Marco Perasole.

Spesso si sottovaluta la sua presenza agli atti, di frequente non si conosce la sua importanza giuridica e quali conseguenze comporti la sua mancanza. Analizziamone gli aspetti critici. 

Venerdi 4 Agosto 2017

Dal punto di vista definitorio, il certificato di agibilità è un documento che ha la funzione precipua di certificare la «sussistenza delle condizioni di sicurezza, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi istallati».

Il quadro normativo di riferimento attuale consta del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380[1], il quale ha risolto un vetusto problema interpretativo tra il concetto di “agibilità” e quello di “abitabilità”, eliminando tale artificiosa distinzione e facendo oggi riferimento esclusivamente al concetto di agibilità, in virtù delle norme contenute nel Titolo III, agli artt. 24-26. Ma procediamo con ordine. Come anticipato qualche rigo fa, il legislatore in passato ha spesso insistito su una ambiguità terminologica facendo riferimento sia al termine “abitabilità”, sia al termine “agibilità”[2]: il certificato di abitabilità si riferiva agli edifici ad alta frequentazione umana, il concetto di agibilità si riferiva a minor frequentazione umana. Si coglierà subito come il legislatore fu alquanto vago, per usare un eufemismo!

Il problema però, oltre che nozionistico, era per lo più pratico: forse anche per la difficoltà di delimitare il perimetro delle due nozioni, le varie leggi in materia, pur richiamando i due differenti tipi di certificato, li sottoponevano sempre alla medesima normativa, generando confusione sul piano soprattutto applicativo.

Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ha risolto questo annoso problema. Il certificato viene rilasciato dal Comune ove è ubicato l’immobile e l'onere della richiesta grava sul soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire (impresa costruttrice) o su colui che ha presentato la denuncia di inizio attività (proprietario), e dei suoi successori o aventi causa, entro quindici giorni “dall'ultimazione dei lavori di finitura”. Il certificato di agibilità viene rilasciato con riferimento ai seguenti casi: nuove costruzioni; ricostruzioni totali o parziali o sopraelevazioni; interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni sopra descritte.

Con la richiesta presentata al comune è indispensabile allegare alla stessa il certificato di collaudo statico, la dichiarazione di conformità alle norme in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche e, per le abitazioni in zone dichiarate sismiche, il certificato di conformità alle norme antisismiche delle opere eseguite. Nei 10 giorni successivi il Comune comunica all’istante il nome del responsabile del procedimento. Sulla base dei documenti allegati, entro 30 giorni, il Comune rilascia il certificato; in alternativa, può chiedere, entro 30 giorni, ulteriori spiegazioni o chiarimenti, anche coinvolgendo l’ASL. Diversamente, se il Comune non risponde nei 30 giorni, si applica la regola del silenzio-assenso. Il richiedente allora può sostituire l’”ok” dell’Asl con una propria autocertificazione, ma in tal caso il silenzio assenso non scatta più dopo 30 giorni, ma 60.

Ai sensi dell'art.25 comma 5-bis del DPR.380/01 (comma aggiunto dall'art. 30, comma 1, lettera h), legge n. 98 del 2013, l'interessato può produrre autocertificazione a firma del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato circa la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità, fermo restando l'obbligo di presentazione della documentazione di cui al comma 3 oltre al certificato dell'avvenuto accatastamento ed alla dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa vigente.

Discutibile è la questione del rilascio del certificato alla singola abitazione di un’abitazione: dal 2013 è possibile richiedere l’agibilità anche per un solo appartamento, a condizione però che le parti comuni dello stabile risultino in regola con la normativa.

L’aspetto più interessante riguarda la qualificazione civilistica del suddetto documento, con le conseguenze sanzionatorie: il certificato di agibilità viene tradizionalmente ricondotto nell'ambito dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta che l'art. 1477 c.c., al III co., impone al venditore di consegnare all'acquirente, salvo diverso accordo tra le parti che vi deroghi.

Ma cosa accade se c’è un inadempimento rispetto a questo obbligo? Una vetusta visione di parte della dottrina e della giurisprudenza, configurava l'alienazione di un immobile privo del certificato di agibilità come contratto nullo per illiceità dell'oggetto ex art. 1346 c.c., in virtù di una presunta contrarietà alle norme urbanistiche. In particolare, ci si appellava alla c.d. nullità virtuale, ergo non espressamente prevista, ma desumibile da norme di divieto d'interesse generale esistenti in materia, in particolare dalla normativa penalistica ex art. 221 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, che stabiliva una pena a carico del proprietario per l’utilizzo dell’immobile senza aver preventivamente conseguito la licenza dell'autorità competente: si dimenticava però che tale norma sanzionava, non il comportamento negoziale del soggetto, bensì il comportamento fattuale di colui che utilizzava l'appartamento senza disporre del certificato di abitabilità.  Oltretutto, questa norma penalistica è ormai da ritenersi superata perché l'art. 24, comma 3, del Testo Unico per l'edilizia[3] prescrive che la mancata presentazione della domanda intesa ad ottenere il certificato di agibilità «comporta l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77 a 464 euro». Il che significa che è chiaramente intervenuta una depenalizzazione che ha fortemente ridotto l'impatto pubblicistico del comportamento del soggetto che utilizzi la casa di abitazione, ancorché non in possesso del certificato. Oltretutto, nessuna norma imperativa contempla un obbligo di preventivo rilascio del certificato, trattandosi di documentazione posta a tutela del singolo compratore, non rispondente ad una funzione urbanistica generale[4].

Pertanto, l'atto di compravendita di un edificio, che difetti del certificato di agibilità, è perfettamente valido ed efficace, poiché nessuna violazione di legge può essere rilevata, ma è fondamentale informare l’acquirente della mancanza di tale certificato; in mancanza di preventiva informazione si incorrerebbe in responsabilità precontrattuale. Di conseguenza, se l’immobile difetta dei requisiti per ottenere l’agibilità, il contraente (locatore, acquirente) può chiedere la risoluzione del contratto, il risarcimento dei danni e la restituzione delle somme già corrisposte; nel caso l’abitazione sia idonea all’agibilità, ma non è mai stato chiesto il certificato è obbligo del venditore presentare la domanda al Comune, pagando tutte le conseguenti spese. Se non lo fa, il compratore può ottenere la riduzione del prezzo della casa e un risarcimento commisurato al deprezzamento dell’immobile in conseguenza dell’assenza del certificato. Non sono affatto esclusi da responsabilità, l’agente immobiliare e al notaio ai quali spetta verificare che l’immobile sia dotato del certificato di agibilità e poi informare l’acquirente.

[1] Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, entrato in vigore il 30.6.2003 [2] Si richiama la L. n. 47/1987, che all'art. 35 richiamava i due termini e successivamente riconfermava tale duplicità di concetti in virtù dell'art. 52; ma altri esempi erano presenti nella più risalente legislazione come ad esempio l'art. 41-ter, L. 17 agosto 1942, n. 1150 oppure l'art. 15, L. 6 agosto 1967, n. 765, i quali utilizzavano entrambi i riferimenti. [3] D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 [4] Cass., 20.4.2006, n. 9253, cit.; Cass., 5.10.2000, n. 13270; Cass., 29.3.1995, n. 3687; Cass., 11.8.1990, n. 8199.

Pagina generata in 0.021 secondi