Immagino che la recente sentenza del Tribunale fiorentino farà discutere dal momento che il proprietario di tre Labrador è stato condannato alla pena di 1 anno e 8 mesi per stalking realizzato dall’abbaiare dei tre cani. Non conoscendo gli atti di causa e soprattutto le motivazioni della sentenza, le riflessioni che seguono affrontano il tema in via generale e astratta. Come lo sono le norme.
Come lo è quella di cui all’art. 612 bis del codice penale laddove viene configurato il reato di atti persecutori per colui che, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare in quello un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Le condotte o conseguenze di esse non devono essere cumulative essendo sufficiente la realizzazione anche di una soltanto di essa.
Sarebbe emerso, da quanto si legge sulle cronache locali, che i tre cani a causa del loro incessante abbaiare protratto per un lungo periodo avrebbero portato all’esasperazione di alcuni vicini, continuamente infastiditi dal rumore e costretti a stare con le finestre chiuse. La sentenza del Tribunale fiorentino non è un unicum. Vi sono state altre sentenze (peraltro della Suprema Corte) che hanno accertato questa particolare forma di stalking a mezzo di animali, gatti e cani (Cass. pen. sent. n. 25097/2019; Cass. pen.,/n. 31981/2019; Cass. pen. 2 n. 22124/2022;).
Il tema rimanda ad una delle scoperte etologiche più sorprendenti di sempre che è quella per cui il cane abbaia. Il tema viene spesso affrontato con superficialità o inopportuna emotività. Mi è capitato non poche volte di leggere che il cane avrebbe un diritto di abbaiare incomprimibile. Consapevole di urtare la sensibilità di alcuni mi permetto di affermare che tale principio non ha alcun fondamento giuridico dal momento che ad oggi agli animali, piaccia o meno, non sono riconosciuti diritti.
Perché negare ostinatamente che l’abbaio quando non latrato di un cane, magari incessante, giorno e notte, può creare problemi ai vicini di casa? Mai dimenticare che non esistono diritti assoluti o illimitati dovendosi sempre valutare -soprattutto in ambito condominiale- un contemperamento di diversi interessi. Di chi vive con un animale e di chi, per mille motivi, ha scelto di non vivere con un animale.
Secondo il codice penale, il non impedire che il proprio cane disturbi il riposo delle persone potrebbe configurare un reato (una contravvenzione, ex art. 659 c.p.). L’abbaio del cane deve essere fonte di disturbo per una potenziale pluralità indeterminata di persone (e non soltanto di chi occupa l'appartamento accanto, sovrastante o sottostante il reclamante) sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che quella potenziale pluralità sia stata effettivamente disturbata. In questo caso l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica potendo il giudice fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti. Una non antica sentenza della Corte di Cassazione (la n. 23408/2022) ha confermato la condanna di un proprietario di cani al risarcimento del danno alla salute in favore del proprio vicino di casa originato da cupi ululati, nonché continui e fastidiosi guaiti, specie nelle ore notturne e di riposo.
Nel caso dei tre labrador che avrebbero realizzato quel comportamento di cui l’art. 612 bis del codice penale si è andati ben oltre l’ipotesi di disturbo della quiete pubblica dal momento che è stato accertata una attività persecutoria. Dunque sarebbe stata accertata in capo al proprietario dei tre cani quella necessaria consapevolezza e volontà (e non rappresentazione anticipata del c.d. risultato finale) di porre in essere le ripetute condotte di molestia ( o minaccia) nonché degli effetti che ne derivano. Non è infrequente che l’ipotesi più grave sostenuta dalla persona offesa venga derubricata in quella contravvenzionale.