Impugnabilità autonoma del provvedimento di decurtazione dei punti dalla patente: orientamenti giurisprudenziali recenti

Martedi 21 Aprile 2009

Il caso è il seguente: al sig. X, conducente non proprietario dell'auto su cui viaggiava, viene comminata una multa per eccesso di velocità, con conseguente applicazione della sanzione accessoria della decurtazione di cinque punti dalla patente di guida.

Il sig. X, in via autonoma, promuove opposizione avverso il verbale di accertamento avanti al GdP competente, chiedendo l'annullamento del provvedimento sanzionatorio a suo carico (decurtazione dei punti) per motivi attinenti alla illegittima collocazione delle apparecchiatura di rilevazione; il proprietario non propone alcuna opposizione.

L'ente che ha elevato la contravvenzione si costituisce in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, alla stregua di alcune pronunce della Suprema Corte secondo cui "legittimato attivo nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione è esclusivamente il destinatario dell'ingiunzione al quale viene addebitata la violazione amministrativa, in quanto tale giudizio è strutturato quale impugnazione di un atto amministrativo, sicchè non è consentita in esso la partecipazione di soggetti diversi dall'amministrazione ingiungente e dall'ingiunto" (Cass. Civ. Sez. I 11/01/2007 n. 325).

Il GdP adito accoglieva l'eccezione pregiudiziale di rito e pronunciava sentenza di rigetto.

Tale decisione, per quanto conforme ad alcune, isolate pronunce della Cassazione, contrasta non soltanto con principi costituzionali fondamentali, peraltro ribaditi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 471/05 e con l'ordinanza n. 188 del 2006, ma anche con una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 29/07/2008 n. 20544, che ha ribadito quanto già ampiamente affermato dalla Consulta.

Già la Corte Costituzionale con la sentenza del 2005 precisava che "nessuna norma preclude al conducente del veicolo, autore materiale dell'infrazione stradale, di adire le vie giudiziali per escludere l'applicazione a suo carico della sanzione personale suddetta; essa oltretutto non riveste più carattere accessorio, ma assume valore di sanzione principale per il contravventore, presentandosi come l'unica suscettibile di contestazione in sede giudiziaria; contestazione invece preclusa per la sanzione pecuniaria..." e ancora "E' chiaro come l'iniziativa del contravventore non possa essere considerata propriamente diretta all'annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione stradale, bensì al mero accertamento della sua illegittimità, al solo e specifico scopo di escludere che lo stesso possa fungere da titolo per irrogargli la sanzione della decurtazione del punteggio dalla patente di guida.."

Tale interpretazione permette di escludere una violazione degli artt. 3 e 24 Cost., ossia una lesione al diritto di difesa del soggetto che venga identificato quale responsabile della violazione; una diversa prospettazione infatti esporrebbe le norme anzidette ad una palese violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24, oltre del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.

La decisione della Suprema Corte a sezioni unite non fa che riprendere l'orientamento della Consulta, laddove sancisce che "La decurtazione dei punti della patente costituisce sanzione amministrativa conseguente alla violazione delle norme sulla circolazione stradale. In tema di sanzioni amministrative per violazioni del Cds l'opposizione giurisdizionale, nelle forme previste dagli artt. 22 e 23 della L. 689/81 ha natura di rimedio generale esperibile contro tutti i provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli di sospensione della validità della patente di guida ovvero prodromici a tale sospensione, quali quelli di decurtazione progressiva dei punti...Da tale orientamento non vi è motivo di discostarsi, anche perché una interpretazione che escludesse la specifica tutela di cui agli artt. 22 e 23 della L. 689/81 nei soli casi di decurtazione dei punti, mentre la consentisse per la sospensione, urterebbe contro l'omogeneità del sistema sanzionatorio del cds, determinando una divaricazione non compatibile con i principi della nostra Carta costituzionale (artt. 3 e 24)"

In definitiva, non sarebbe ragionevole né costituzionalmente corretto non ammettere il conducente (reale responsabile dell'infrazione) alla contestazione giurisdizionale della fondatezza in fatto della violazione (si veda anche Cass. Civ. 18/02/2008 n. 3948).

Ha errato pertanto il GdP adito nel respingere tout court il ricorso per i motivi sopra esposti, abbracciando una interpretazione che già al momento della decisione risultava  superata dalla giurisprudenza di legittimità e costituzionale.

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