Scuola: parità di trattamento fra docenti a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato

Con la sentenza emessa dal Tribunale di BARI, Sezione Lavoro,  pubblicata il 26.4.2018, vengono riconosciuti i principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione sanciti nella Direttiva 1999/70/CE.

Martedi 12 Giugno 2018

FATTO. Una docente con oltre 10 anni di professione mediante contratti a tempo determinato chiede al Tribunale di Bari una serie di diritti e fra questi, l'assunzione a tempo indeterminato e la parità di trattamento economico fra contratti a tempo determinato e contratti a tempo indeterminato, sulla base dei principi comunitari ed in particolare in forza dell’art. 4 della Direttiva 1999/70/CE e di diverse pronunce emesse dalla Corte di Giustizia Europea. 

Nel corso del giudizio interviene l'assunzione della ricorrente ergo, l'Ill.mo Giudicante dichiara la cessata materia del contendere per la richiesta di assunzione e procede nel merito per il resto delle conclusioni rassegnate. 

Il ricorso viene accolto con riferimento alla parità di trattamento economico di cui si è detto precedentemente.

L’Ill.mo Giudicante, nell’accogliere il ricorso, individua il pilastro fondamentale proprio nell’art. 4 citato il quale dispone che, << per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato  comparabili “per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”>>.

La Direttiva in esame è stata oggetto di diverse sentenze della Corte di Giustizia, la quale ha chiarito la portata generale della ridetta Direttiva; evidenziando altresì l’importanza degli altri due pilastri ovvero il principio di parità di trattamento e del divieto di discriminazione.

In particolare, la Corte di Giustizia ha evidenziato come << la mera circostanza che un impiego sia qualificato come di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego di uno Stato membro interessato è priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l’efficacia pratica della Direttiva 1999/70 e quella dell’accordo quadro nonché la loro applicazione uniforme negli Stati membri , riservando a questi ultimi la possibilità di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari”>>( Corte di Giustizia 13 settembre 2007 C-307/5 D.C. punto 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 C-444/09 G. e C-456/09 T. punto 43)>>.

Alla luce di quanto esposto, la sentenza emessa dal Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, evidenzia che fra i lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato non vi può essere una disparità di trattamento giustificata proprio dalla durata del contratto stesso.

Pertanto, riconosce alla docente le differenze retributive fra quanto percepito in forza dei contratti a termine e quanto avrebbe dovuto percepire con il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in base ai periodi effettivamente lavorati.

Questo perchè la prestazione esternata dall’insegnate è la stessa sia se svolta a tempo determinato che se svolta a tempo indeterminato; si può parlare di differenza nel reclutamento ma non nella prestazione lavorativa.

Da questa riflessione scaturisce l’importanza della funzione sociale dell’insegnate: quale soggetto fondamentale per la crescita culturale e personale dei futuri cittadini.

Ergo, anche da questo punto di vista si comprende che non può sussistere in alcun modo una disparità di trattamento giustificata dal fattore “tempo”.

Insegnanti che lottano contro l’emarginazione sociale, l’abbandono scolastico, che cercano, attraverso un percorso didattico, di strappare le nuove generazioni a contesti sociali degradati, sono risorse fondamentali indipendentemente dal tempo del loro contratto.

A parere della scrivente, l’importanza della sentenza in oggetto deve essere colta proprio nelle conseguenze del riconoscimento del principio di non discriminazione e, pertanto, implicitamente nell’esaltazione della funzione sociale dell’insegnante.

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