Il treno del populismo penale fermato dalla Corte Costituzionale? Lo strano caso del D.L. 29 /2020

I dubbi di costituzionalità dell'art. 2 d.l. 20 maggio n.29, che prevede la revoca dei provvedimenti di scarcerazione con un procedimento senza garanzie difensive

Lunedi 6 Luglio 2020

L'emergenza sanitaria nelle carceri ha indotto il legislatore ad offrire  una risposta piuttosto cauta sul versante della riduzione della popolazione carceraria, attraverso l'introduzione dell'art. 123 d.l. cura Italia che ha previsto l'applicazione, seppur con qualche correzione, di quanto disposto dalla l.199/2010 (detenzione domiciliare per pene brevi).

Tale misura subito ha evidenziato difficoltà applicative, soprattutto relative alla  necessità di reperire i braccialetti elettronici a cui è stata subordinata la concessione del beneficio. Piuttosto, gli organi giurisdizionali di sorveglianza, consapevoli dei rischi per la salute dei detenuti e degli operatori sanitari, hanno invece utilizzato strumenti normativi forse più  congrui rispetto alle problematiche sanitarie emerse. In tal senso, è stata concessa ai detenuti la detenzione domiciliare in adesione dell'art. 47 comma 1 ter Ord.penitenziario, consentendo il differimento della pena per motivi di salute.

In tale quadro di  emergenza sanitaria incidente nella cronica emergenza delle carceri dovuta al sovraffollamento, (costata all'Italia plurime condanne da parte della Corte Edu) ha poi fatto irruzione la polemica per la scarcerazione di esponenti della criminalità organizzata. Abbandonando ogni analisi dei dati e dei fatti, molto lontani dai dati allarmanti diffusi da alcuni giornali, il legislatore si è invece solo preoccupato di tranquilizzare un'opinione pubblica spesso indotta allo sdegno da plurime trasmissioni televisive, intervenendo con il d.l. 20 maggio n.29 . E' stato soprattutto l'art 2 di tale decreto a suscitare immediate perplessità, allorchè prevede che il magistrato di sorveglianza o il tribunale, sentito il parere del procuratore distrettuale antimafia,  rivalutino a distanza ravvicinata la permanenza dei motivi legati all'emergenza, per la concessione della detenzione domiciliare a soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa o camorristica, sottoposti al regime del 41 bis. ord.pen.

Le perplessità della legittimità costituzionale del meccanismo cosi disciplinato- considerando che il parere  contrario alla protrazione della misura domiciliare circa il pericolo di reiterazione di reati viene espresso non già per comportamenti contrari posti in essere dall’interessato nelle more ma per il ruolo di rilievo da lui svolto in passato nel contesto criminale di riferimento - emerge nella misura in cui non prevede un formale coinvolgimento della difesa tecnica dell’interessato.

Da un lato infatti non è prevista alcuna comunicazione formale dell’avvio del procedimento di rivalutazione cui partecipa viceversa, in maniera del tutto inedita, un organo requirente diverso da quello che sarebbe competente in relazione al giudice che procede (Pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza), dall’altro l’interessato e il suo difensore restano all’oscuro degli elementi essenziali acquisiti mediante l’istruttoria e sui quali verterà il giudizio che potrebbe portare alla ri-carcerazione. Si tratta di un provvedimento di revoca, sostanzialmente atipico, assunto de plano, non all'esito della camera di consiglio, ma di un procedimento, per il quale non è previsto neanche la possibilità di un contraddittorio differito. vedi rt. 678 co. 1-bis e 1-ter c.p.p.; art. 51-bis o.p.

Accanto a tali profili di dubbia costituzionalità per violazione degli art. 2, 24 e 111 Cost, se ne aggiungono altri attinenti alla violazione dell'art. 3 e 32 Cost. in quanto viene  previsto un procedimento meno garantito, con sacrificio del principio del contraddittorio e della ‘parità delle armi’, attribuendo ancora una volta alla presunzione di pericolosità derivante dalla commissione di un certo reato (presunzione già oggetto di recenti interventi ablativi della Corte costituzionale) un significato di automatismo ostativo del tutto contrastante con il principio dell'individualizzazione della pena e del trattamento penitenziario. Si tratta in sostanza di interventi che si realizzano in un ambito inciso tra l’altro non dai profili rieducativi o premiali ma dalla tutela di un diritto fondamentale quale quello alla salute, una specifica portata negativizzante che travalica l’apprezzamento in fatto già operato, in forma individualizzata, dal magistrato di sorveglianza.

Tali aspetti in sintesi hanno costituito oggetto di questione di legittimità costituzionale del D.L 20 Maggio N.29 rilevante e non manifestamente infondata, sollevata dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto con ordinanza n..1380  del 20 maggio 2020,

In conclusione, si spera e sostanzialmente si confida nella Corte, affinchè fermi il treno delle soluzioni facili a problemi complessi, della noncuranza di procedure, della legislazione piegata non solo e non tanto all'emergenza quanto agli umori dell'opinione pubblica, fermi l'illusione nefasta che non servano le regole ispirate ai dettami costituzionali per trattare  fenomeni mafiosi anche in carcere. Lo Stato di robusta Costituzione non abdica alle garanzie, non usa scorciatoie che conducono l'esecuzione penale sulla strada sui binari aridi e morti del puro e superficiale filo spinato .  

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