La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 14096 del 4 maggio 2022 fa chiarezza in merito alle conseguenze derivanti dal mancato deposito nel termine di legge del fascicolo di parte nel giudizio di appello.
Venerdi 6 Maggio 2022 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio, davanti al Giudice di pace di Napoli, la Assicurazioni s.p.a., nella qualità di impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni da lui subiti in occasione dell'investimento avvenuto a Napoli, mentre egli stava camminando in strada, ad opera di un veicolo rimasto non identificato.
Il Giudice di pace rigettava la domanda ritenendola non provata, in base all'affermata non attendibilità dell'unico teste escusso.
Tizio appellava la sentenza di primo grado avanti al tribunale, che dichiarava inammissibile l'appello, con la seguente motivazione
- l'appellante aveva ritirato il suo fascicolo all'udienza di precisazione delle conclusioni in data 15 marzo 2019 e l'aveva poi depositato soltanto in data 27 maggio 2019, oltre il termine fissato per il deposito delle comparse conclusionali;
- trattandosi di un termine perentorio, il Tribunale riteneva di non poter esaminare né il profilo della tempestività dell'appello né il merito dello stesso, con conseguente pronuncia di inammissibilità.
Tizio, ritenendo errate le argomentazioni del giudice di appello ricorre in Cassazione, che, nell'accogliere il ricorso, osserva quanto segue:
a) la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che, sebbene il termine entro il quale, a norma dell'art. 169, secondo comma, cod. proc. civ., deve avvenire il deposito del fascicolo di parte, ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, sia perentorio, la sua inosservanza produce effetti limitati alla decisione del giudice di prime cure, sicché il deposito del fascicolo nel giudizio di appello non costituisce introduzione di nuove prove documentali, sempre che i documenti contenuti nel fascicolo siano stati prodotti, nel giudizio di primo grado, nell'osservanza delle preclusioni probatorie risultanti dagli artt.165 e 166 cod. proc. Civ.;
b) ne consegue che la decisione impugnata è viziata, posto che la documentazione tardivamente depositata non poteva ritenersi nuova, per cui il giudice avrebbe dovuto ugualmente tenerne conto;
c) peraltro, la costante giurisprudenza di questa Corte e delle Corti sovranazionali è nel senso che il processo deve tendere, normalmente, alla sua conclusione con una decisione di mento, dovendosi ritenere le decisioni di natura meramente processuale una soluzione da assumere solo in presenza di vizi non emendabili; quale non è quello del caso in esame.