Scioglimento della comunione ereditaria; la domanda giudiziale interrompe l'usucapione?

La domanda giudiziale avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria è atto idoneo ad interrompere l’usucapione?

A questa domanda ha fornito la risposta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11476/2019, pubblicata il 30 aprile scorso.

Secondo i giudici di legittimità, l’usucapione è interrotto tutte le volte che nella domanda giudiziale di scioglimento della comunione viene inserita anche la richiesta di attribuzione della quota di spettanza alla parte richiedente il suddetto scioglimento.

Venerdi 10 Maggio 2019

IL CASO: La vicenda esaminata, trae origine dalla domanda di divisione ereditaria di alcuni beni immobili lasciati da un genitore, formulata dalla figlia di quest’ultimo nei confronti del fratello che si rifiutava di presentare il rendiconto della gestione e negava l’assenso a qualsiasi ipotesi di divisione amichevole.

Con la domanda di divisione giudiziale, l’attrice chiedeva anche, l’attribuzione di una porzione dei beni, di valore corrispondente alla quota a lei spettante e l’ordine nei confronti del fratello convenuto di presentare il rendiconto, con addebito del valore locativo dei beni. Nel costituirsi in giudizio il fratello convenuto, deducendo di aver sempre goduto del possesso degli immobili oggetto del contenzioso, chiedeva che venisse accertato l’intervenuto usucapione.

Il Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria tra gli eredi con attribuzione a ciascuno di essi di beni per la quota di un quarto ed approvava e dichiarava definitivo il progetto di divisione, con condanna del convenuto al versamento in favore della parte attrice di una somma di denaro. Avverso la sentenza di primo grado il convenuto, rimasto soccombente, proponeva appello che veniva accolto parzialmente. La sentenza della Corte di Appello veniva impugnata dal convenuto originario, il quale deduceva che il giudice di merito aveva ritenuto, erroneamente, che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione dell’asse ereditario fosse idoneo ad interrompere la prescrizione acquisitiva e l’istanza di attribuzione della quota di spettanza ha esclusivamente lo scopo di ottenere una modifica sotto il profilo soggettivo della titolarità del diritto di proprietà sul bene e non manifesta la volontà di privare il possessore del potere di fatto sulla cosa, il quale, anzi, potrebbe continuare a godere del bene a prescindere dalle vicende modificative dell’assetto proprietario.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta quanto statuito dalla Corte di Appello e nel rigettare il ricorso, ha ribadito il principio secondo il quale “in tema di usucapione, poiché, con il rinvio fatto dall’art. 1165 cod. civ. all’art 2943 cod. civ., risultano tassativamente elencati gli atti interruttivi del possesso, non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla legge, con la conseguenza che non può riconoscersi tale efficacia, se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero, ad atti giudiziali diretti ad ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente” (Corte di Cassazione, n. 16234 del 25/07/2011).

Nel caso in cui, hanno concluso gli Ermellini, oltre allo scioglimento della comunione ereditaria, viene richiesta anche l’attribuzione della quota di spettanza (come nella vicenda esaminata), la domanda introduttiva del giudizio integra tutti i requisiti utili ad interrompere la prescrizione acquisitiva, essendo stato raggiunto lo scopo di ottenere la materiale separazione della quota del condividente dalla massa ereditaria.

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