Risarcimento del danno, domanda specificata nel quantum e vizio di ultrapetizione.

Con la sentenza n. 12159 del 7 maggio 2021 la Corte di Cassazione chiarisce quando si delinea il vizio di ultrapetizione in relazione ad una domanda di risarcimento del danno esattamente quantificata nel suo ammontare.

Martedi 11 Maggio 2021

Il caso: La Corte d'Appello di Palermo respingeva il gravame interposto dall'Azienda Delta in relazione alla pronunzia del Tribunale di Palermo di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla sig.ra G.C. di risarcimento dei danni lamentati – in conseguenza della caduta avvenuta nell'area antistante il Pronto Soccorso, a causa del dissesto del manto stradale, con avvallamento.

L'Azienda Delta ricorre in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 189 c.p.c., in relazione all'art. 360, 10 co.n. 3, c.p.c.:

  • la corte di merito avrebbe erroneamente rigettato la censura mossa alla sentenza del giudice di prime cure, ritenendo insussistente il lamentato vizio di ultrapetizione, a fronte di una condanna al risarcimento del danno per un ammontare superiore a quanto originariamente richiesto e la inammissibilità della domanda nuova formulata solo in sede di precisazione delle conclusioni;

  • l'ultrapetizione non sussiste solo qualora manchi una limitazione alla domanda, limitazione che può ritenersi insussistente laddove l'attore abbia fatto riferimento alla somma maggiore o minore che risulti dovuta in corso di causa”, mentre nella specie sussiste la limitazione posta dall' attrice alla domanda (e ciò mediante l'omissione della suddetta espressione “somma maggiore o minore che risulti dovuta in corso di causa”);

  • al contrario, in sede di conclusioni l'attrice, alla luce delle risultanze peritali aveva riformulato la propria domanda, e per la Corte di merito tale riformulazione doveva considerarsi come una evidente emendatio, ammissibile, vertendosi in ipotesi di mero ampliamento quantitativo del petitum, per le medesime voci ( non altre) comunque indicate sin dall'avvio del giudizio, e non alterando quindi in alcun modo né la prospettazione del fatto storico né le conseguenze dannose già individuate.

    La Suprema Corte, nel ritenere fondata la censura dell'Azienda, in tema di emendatio e mutatio libelli chiarisce quanto segue:

    a) nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all'art. 112 c. p.c. il prescindere dalla specifica quantificazione dalla parte formulata in ordine a ciascuna voce di danno oggetto della domanda di ristoro, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere meramente indicative;

    b) la precisazione dell'ammontare della somma domandata può avere invero valore meramente indicativo allorquando, pur dopo averla formulata, la parte chieda che il danno venga comunque liquidato secondo giustizia ed equità, potendo in tale ipotesi il giudice attribuire una somma anche superiore a quella richiesta, rimanendo esclusa solamente la possibilità di darsi ingresso a voci di danno diverse da quelle espressamente elencate;

    c) nel caso di specie, l'originaria attrice ha nell'atto di citazione introduttivo del giudizio di 1°grado espressamente domandato la sua condanna al pagamento della indicata “somma di euro 6.717,02” a titolo di “risarcimento per le lesioni subite e per il danno patrimoniale correlato, oltre interessi e rivalutazione monetaria”: trattavasi pertanto di domanda avente ad oggetto una somma certa e determinata (un “importo "secco"), senza alcuna ( ulteriore ) richiesta di liquidazione del danno comunque “secondo giustizia ed equità”.

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