Con la sentenza n. 3136 del 7 febbraio 2017 la Corte di Cassazione si pronuncia in tema di nesso di causalità tra fatto e accelerazione dell'evento ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale.
Lunedi 13 Febbraio 2017 |
Il caso: i sigg.i M.M., A.M.L., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla minore L.M., S.M. e A.M. citavano in giudizio innanzi al Tribunale l'Azienda Ospedaliera chiedendo il risarcimento del danno per essere stato il primo sottoposto a due interventi di erniectomia ed essere successivamente rimasto paralizzato ad entrambi gli arti inferiori.
Si costituiva la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, disposta CTU, accoglieva la domanda condannando la convenuta al pagamento della somma di euro 578.080,63, oltre interessi, in favore del solo M.M., disattendendo le ulteriori domande attoree; per il giudice di prime cure, la scelta di operare esclusivamente una laminectomia posteriore aveva comportato un pericolo concreto di insulto ischemico e meccanico del midollo.
La Azienda ospedaliera proponeva appello; la Corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, e disposta nuova CTU respingeva la domanda, considerato che:
- i consulenti tecnici avevano rilevato che il M. era stato informato ed aveva prestato il proprio consenso; che alla paralisi degli arti inferiori il M. appariva ineluttabilmente destinato, in mancanza d'intervento chirurgico, stante l'inarrestabile processo degenerativo del suo parenchima nervoso;
- doveva escludersi una condotta colposa nell'operato dei medici: l'intervento di sola decompressione posteriore, effettuato secondo i principi di perizia, prudenza e diligenza, costituiva uno degli interventi meno pericolosi e che difettavano in materia precisi protocolli.
Gli attori propongono quindi ricorso per Cassazione, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 116 e 196 cpc, 2043 e 2051 c.c.: per i ricorrenti la Corte territoriale ha errato nell'escludere il danno perchè l'evento si sarebbe comunque verificato in tempi più lontani; i ricorrenti rilevano infatti che: a) anche anticipare l'evento costituisce un danno b) un intervento correttamente eseguito avrebbe eliminato la possibilità che il danno si verificasse.
La Cassazione, ritenendo fondata la censura, accoglie il ricorso osservando che:
il nesso di causalità può esistere non solo in relazione al rapporto tra fatto ed evento dannoso, ma anche tra fatto ed accelerazione dell'evento;
per escludere il nesso di causalità, in relazione alla lesione del bene "vita", è necessario non solo che il fatto non abbia generato l'evento letale, ma anche che non l'abbia minimamente accelerato, costituendo pregiudizio anche la privazione del fattore "tempo": tale principio vale non solo per il bene-vita ma anche per il bene-salute;
in relazione poi alla valutazione della correttezza dell'operato dei medici, la sentenza impugnata non motiva adeguatamente in merito alla circostanza che il paziente era affetto da stenosi del canale vertebrale e non lombare.
Esito: accoglimento del ricorso con rinvio.