In che modo i dipendenti appartenenti alla P.A. possono utilizzare i social media nella loro vita extra lavorativa? Ci sono delle piattaforme ritenute "proibite" e suscettibili di ledere il rapporto fiduciario tra lavoratore ed Amministrazione?
Mercoledi 23 Agosto 2023 |
Con Decreto del Presidente della Repubblica del 13 giugno 2023, n. 81 sono state approvate le modifiche al Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici ex D.P.R. n. 62/2023. La nuova configurazione normativa, in vigore dal 14/07/2023 e in ossequio a quanto disposto dall'art. 54 del D.lgs. n. 165/2001, introduce significative novità circa i doveri e gli obblighi in capo ai dipendenti pubblici, in chiave di massimizzazione delle tutele apprestate alla P.A. concernenti l'utilizzo delle tecnologiche informatiche e dei social media.
Come noto, la diffusione dei mezzi di comunicazione informatica e delle piattaforme c.d. “social”, inerisce oggigiorno la vita quotidiana di tutti coloro che ne usufruiscono. I vantaggi racchiudono la capacità di raggiungere persone geograficamente distanti, le infinite possibilità di interazione, comunicazione e scambio di contenuti multimediali, destinati ad una permanenza più o meno indeterminata sulla rete.
Quando tuttavia l’utilizzo di un social network è suscettibile di inficiare il particolare e delicato status che involge la figura del dipendente pubblico e, di riflesso, l’Amministrazione che rappresenta? Un caso particolarmente interessante è quello dell’utilizzo del social conosciuto come “Onlyfans”, piattaforma in cui è possibile scambiare contenuti “privati”, con utenti che decidono di iscriversi ad un determinato profilo social, sia a titolo gratuito che aderendo ad un abbonamento a pagamento, con tariffa stabilita dal titolare di tale account. La particolarità, rispetto alle altre piattaforme in uso e conosciute, consiste nella possibilità di accedere a materiale “riservato”, diversamente censurabile se diffuso su altri social network (foto, immagini e video) appartenenti al proprietario dell’account sponsorizzato.
Fatta questa premessa, ci si chiede quali possano essere le conseguenze a carico del pubblico dipendente che decida di aprire un profilo social sulla piattaforma Onlyfans, scambiando contenuti “intimi” con altri utenti, ancorché mediante la pubblicizzazione di un abbonamento gratuito o meno. Il nuovo articolo 11-ter del D.P.R. 62/2013 prescrive che: “1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché' le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza. 2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.” Ancora al comma 4 del predetto si legge: “Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni”.
Dal tenore della disposizione normativa è pacifica al primo comma la presenza di un vero e proprio divieto precettivo a carico del dipendente pubblico di non impiegare qualunque social media nell’ambito delle private relazioni che possa, anche indirettamente, ledere l’amministrazione di cui è dipendente. Tuttavia, almeno prima facie, l’utilizzo di un social esclusivamente preordinato allo scambio di contenuti riservati non parrebbe porsi in contrasto con la prefata disposizione. Diversa è la formulazione del comma 2, che delimita in maniera più stringente la libertà “virtuale” dipendenti pubblici, imponendone l’astensione da qualunque eventuale forma di interazione atta a nuocere al decoro ed all’immagine dell’amministrazione. Il precetto, in tal senso, risulterebbe porsi in astratto contrasto con l’attività privata del dipendente svolta sul ridetto social media, dal momento che lo stesso si concentra su atti (quali interventi e/o commenti), che possano inficiare la sua posizione in ordine al rapporto di pubblico impiego. Pertanto, l’attività di scambio di contenuti intimi e riservati, seppur in alcun modo riconducibili al dipendente della P.A, potrebbe configurare la violazione del novellato art. 11-ter, qualora sia possibile ricondurre il titolare dell’account alla Pubblica Amministrazione, per mero riconoscimento (supponiamo il caso del funzionario addetto ad uno sportello pubblico, riconosciuto dall’utenza durante la consultazione sulla piattaforma Onlyfans).
A riguardo, il successivo comma 4 introduce la possibilità per l’Amministrazione di adottare una propria “social media policy”, al fine di adeguare le condotte dei dipendenti alle esigenze di tutela degli interessi che questi ultimi sono tenuti ad osservare nei confronti della propria datrice di lavoro. Dall’esame del novellato Codice di Comportamento emerge una chiara intenzione di evitare qualunque tipo di comportamento idoneo a cagionare un danno alla Pubblica Amministrazione, intesa come organizzazione preordinata alla cura degli interessi pubblici, dei quali i dipendenti ne sono i portatori. In tal senso, l’articolo 54 della nostra Costituzione recita: «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore». È proprio questa previsione che distingue in maniera incontrovertibile l’attività svolta dal dipendente pubblico rispetto a quello del settore privato. Sicché, occorrerebbe verificare se l’interazione svolta dal funzionario pubblico su un social media possa in qualche modo ledere in maniera apprezzabile il doppio vincolo che lo lega al rapporto di pubblico impiego, al punto da creare una distonia con i richiamati principi di onore, decoro e dignità[1].
Di converso, non si potrebbe ritenere violata alcuno dei precetti qualora, ad esempio, il titolare dell’account non pubblichi contenuti in cui è riconoscibile in maniera chiara ed utilizzi degli pseudonimi al posto del suo nome e cognome. Invero, l’attività interpretativa risulterebbe dirimente per risolvere un potenziale conflitto che intaccherebbe la vita extra lavorativa del pubblici impiegati. La quale andrebbe però valutata caso per caso, onde evitare una generalizzazione che etichetti negativamente le loro relazioni virtuali in un contesto che si sottrae alle normali regole di spazio e di tempo. A ciò si aggiungono le ulteriori disposizioni che limitano l’autonomia lavorativa del pubblico dipendente. In particolare, l’articolo 98 della Costituzione dispone che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Ne deriva che qualora l’attività esercitata dal dipendente sul social media non fosse considerata “vietata” ma sia in qualche modo per questi remunerativa, lo stesso dovrà chiedere necessariamente l’autorizzazione all’espletamento degli incarichi extra istituzionali, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 53del Testo Unico del Pubblico Impiego. Infine, la violazione delle disposizioni finora esaminate espone il dipendente alle conseguenze stabilite dalla legge in materia di sanzioni disciplinari, fermo restando le eventuali responsabilità imputabili al pubblico impiegato nel caso in cui con la sua condotta si sia arrecato un danno all’Amministrazione di appartenenza (erariale, amministrativo e/o di immagine).
[1] Ha fatto discutere nel settore privato il mancato rinnovo del contratto di una ex dipendente del Parco Divertimenti "Gardaland" , avente un profilo attivo sulla piattaforma Onlyfans., per incompatibilità ai valori aziendali.