Onorari avvocato: se c'e' sproporzione si guarda al valore effettivo della causa

A cura della Redazione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14539 del 15 luglio 2016 ribadisce alcuni principi in tema di liquidazione degli onorari dell'avvocato in relazione al quantum richiesto in atto introduttivo.

Giovedi 28 Luglio 2016

Con ricorso al tribunale di Catania l'avvocato A.F. chiedeva ingiungersi al proprio cliente il pagamento di euro 205.159,16, oltre interessi maturati e maturandi e spese della procedura monitoria.

Alla base della richiesta il legale esponeva di aver svolto attività professionale su incarico e per conto del "Consorzio" in un giudizio ove la controparte aveva chiesto la condanna al risarcimento di asseriti danni quantificati in misura pari ad euro 11.228.951,00.

Emesso il decreto ingiuntivo come richiesto dal legale, il Consorzio proponeva opposizione, rilevando che fronte di una richiesta di risarcimento danni per euro 11.228.951,00 il"Consorzio" era rimasto soccombente per la minor somma di euro 1.786.963,28.

Il Tribunale revocava l'ingiunzione opposta e condannava l'opponente a corrispondere la minor somma di curo 4.456,00 per diritti e di curo 30.100,00 per onorari, oltre rimborso forfetario, i.v.a., cassa ed interessi e compensava integralmente le spese del procedimento: nella motivazione si evidenzia che:

- doveva essere applicato l'art. 6 della tariffa civile a tenor dei quale "nella liquidazione degli onorari a carico del cliente può aversi riguardo al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile";

- nella fattispecie era manifesta la sproporzione tra il valore indicato nel petitum dell'atto di citazione introduttivo del giudizio civile nel quale l'Avv.to F. ha prestato la propria attività professionale in favore del Consorzio e il valore del credito effettivamente liquidato dal Tribunale all'esito del giudizio in favore della parte attrice.

Il legale propone ricorso per Cassazione deducendo"violazione e falsa applicazione dell'articolo unico della L. 7 novembre 1957, n. 1051 e del d.m. 8 aprile 2004, n. 127, art. 5, commi 1, 3 e 6, degli artt. 10 e 14 c.p.c..

La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso e ribadisce sul punto che:

  • in tema di liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell'avvocato per l'opera prestata in giudizio, il valore della causa - laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile - si determina, ex art. 6, 2° co., del d.m. n. 127 del 2004, non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito, bensì del valore effettivo della controversia;

  • il suddetto principio comporta l'applicazione di tutte le regole processuali, ivi comprese quelle di cui agli artt. 10 e 14 c.p.c. per la determinazione del valore delle cause relative a somme di denaro o a beni mobili, attribuendo al giudice, qualora venga ravvisata una manifesta sproporzione tra il "petitum" della domanda e l'effettivo valore della controversia, un generale potere discrezionale e non arbitrario di adeguare la misura dell'onorario all'effettiva importanza della prestazione;

  • nel caso di specie, il tribunale ha ben motivato la propria decisione sulla base “dell'enorme ed abissale differenza intercorrente tra il quantum del credito preteso e quello riconosciuto alla controparte”.

Testo della sentenza n. 14539

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