L'onere della prova sul diritto al compenso dell'amministratore di condominio

Commento alla Sentenza della Cassazione Sezione II^ Civile n. 3892 del 14 febbraio 2017.
Lunedi 13 Marzo 2017

In grado d'appello veniva rigettato il vantato diritto al compenso di un amministratore di condominio poichè, dall'espletata consulenza tecnica d'ufficio, era risultata l'assenza di un giornale della contabilità che avesse puntualmente registrato in ordine cronologico le operazioni riguardanti il condominio, così consentendo la verifica dei documenti giustificativi.

Di conseguenza non era stato possibile nemmeno ricostruire l'andamento delle uscite e dei pagamenti effettuati per solo fatto e colpa dell'amministratore tra i cui doveri rientra, appunto, quello della corretta tenuta della contabilità.

Il professionista ricorreva dunque in Cassazione denunciando vizi di motivazione nonché la violazione dell'art. 2697 c.c. in materia di onere probatorio in quanto l'impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto del fatto che, a fronte della prova del proprio credito, il condominio non aveva a sua volta provato il fatto estintivo dello stesso, costituito dal regolare adempimento.

Il ricorso è stato respinto perché considerata corretta ed insindacabile, anche in sede di legittimità, la valutazione del Giudice di merito secondo cui non era stata raggiunta la prova del credito vantato essendo pacifica sia la mancanza di una contabilità idonea e regolare su tutte le operazioni riguardanti la vita del condominio, sia l'assenza di una delibera di approvazione del rendiconto da parte del consesso assembleare.

Dopo, quindi, aver ribadito come già affermato da Cassazione n. 9099/2000 e da Cassazione n. 1405/2007 che la contabilità condominiale, pur non essendo soggetta a rigorosi vincoli, debba, in ogni caso, rendere inteleggibile ai condomini le entrate e le uscite, fornendo la prova dell'entità e della causale degli esborsi, anche per verificare se l'operato di chi rende il conto sia conforme a criteri di buona amministrazione, gli Ermellini hanno affermato che, in assenza di quanto sopra, il credito dell'amministratore non era stato sufficientemente provato.

Con il richiamo, poi, alle disposizioni in materia di mandato (Cassazione n. 3596/90), la Suprema Corte rammenta che il diritto del mandatario al compenso è condizionato alla presentazione del rendiconto e che, in materia condominiale, solo la delibera dell'assemblea ha valore di riconoscimento del debito e delle poste ivi indicate (Cassazione n. 1286/1997 e Cassazione n. 10153/2011).

In conclusione, nel caso concreto, stante la mancata regolare tenuta della contabilità, la ricostruzione fatta nel corso della consulenza sulla base della sola verifica documentale a campione non era stata idonea a fornire la prova del credito che, viceversa, avrebbe dovuto essere desunta dalla determinazione dell'ammontare complessivo dei versamenti e delle uscite come disposto dall'art. 1130 c.c. 

La soccombenza ha seguito la condanna alle spese del giudizio di terzo e definitivo grado in capo al ricorrente.

Allegato:

Cass. civile Sez. II Sentenza del 14/02/2017 n.3892

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